Brenda Biya, figlia del presidente del Camerun 26enne e rapper in Svizzera, ha pubblicato una foto su Instagram in cui bacia la fidanzata. Un vento di novità per il Paese?
Lunedì scorso Brenda Biya, figlia del presidente del Camerun, ha condiviso su Instagram una foto in cui bacia la modella brasiliana Layyons Valença, accompagnata dalla didascalia: “PS: sono pazza di te e voglio che il mondo lo sappia”.
Sebbene il post non chiarisca esplicitamente il suo orientamento sessuale, Biya ha poi ripubblicato nelle sue storie diversi articoli che interpretavano la foto come un coming out, una dichiarazione pubblica di non essere eterosessuale.
La foto ha suscitato molte discussioni perché l’omosessualità è illegale in Camerun dal 1972. Dal 2016, chiunque venga condannato per aver avuto rapporti omosessuali rischia fino a 5 anni di carcere e una multa di circa 305 euro.
Brenda Biya, 27 anni, vive in Svizzera, lavora come rapper e con oltre 300.000 follower su Instagram, è una figura pubblica. Suo padre, Paul Biya, 91 anni, è presidente del Camerun dal 1982, governando con metodi autoritari.
Il coming out di Biya è stato accolto positivamente dalla comunità LGBT+ camerunese, che lo ha visto come un piccolo passo verso la normalizzazione dell’omosessualità nel paese.
L’attivista transgender camerunese Shakiro ha dichiarato che Biya “sta diventando una voce per il cambiamento sociale in un paese dove i tabù sono profondamente radicati”. Shakiro, condannata in base alla legge del 2016 a cinque anni di carcere per “tentata omosessualità”, vive dal 2023 in Belgio, dove ha chiesto asilo.
Alcuni hanno sottolineato che la scelta di Brenda Biya è significativa, ma la sua possibilità di fare coming out non è la stessa degli altri cittadini camerunesi, sia perché è figlia del presidente sia perché vive in Svizzera.
L’attivista Bandy Kiki si è congratulata con Biya in un post su Facebook, aggiungendo però che l’episodio “evidenzia una dura realtà: le leggi anti-LGBT in Camerun colpiscono in modo sproporzionato i poveri. La ricchezza e le connessioni offrono protezione a alcuni, mentre altri devono affrontare gravi conseguenze”.
Negli ultimi anni diversi paesi africani, come il Ghana, hanno approvato leggi molto severe contro l’omosessualità.
La legge più restrittiva è stata approvata dall’Uganda nel 2023: prevede l’ergastolo per chiunque abbia rapporti sessuali con persone dello stesso sesso, fino a 10 anni di carcere per chi tenta di avere rapporti omosessuali, e la pena di morte per chi è condannato per “omosessualità aggravata”, termine che la legge definisce come rapporti omosessuali con minori di 18 anni, persone disabili, o avuti con minacce o quando l’altra persona era incosciente.
Le rigide leggi del Camerun contro la comunità LGBT+, introdotte proprio sotto il governo di Paul Biya, sono sempre al centro delle battaglie delle organizzazioni per i diritti umani.
Nel 2022 Human Rights Watch ha chiesto ai governanti di intraprendere azioni urgenti per abrogare la legge discriminatoria esistente e “garantire che i diritti umani di tutti i camerunesi siano rispettati, indipendentemente dal loro orientamento sessuale, identità di genere o caratteristiche sessuali”.
Nella maggior parte dell’Africa l’omosessualità è vista come un’onta. In Mauritania, Sudan, Nigeria settentrionale e Somalia meridionale gli appartenenti alla comunità LGBTQ rischiano la pena di morte.
In altri paesi, l’omosessualità è considerata un reato punito con il carcere. Le leggi più severe sono in Gambia, Sierra Leone e nell’area centro-africana, inclusi Uganda, Kenya, Tanzania e Zambia, dove è previsto perfino l’ergastolo. In Eritrea e Sud Sudan le persone LGBTQ possono subire condanne dai 7 ai 10 anni di carcere.
In Libia e Camerun si deve anche pagare una multa, la detenzione può arrivare fino a 5 anni. In Marocco la detenzione può arrivare fino a 3 anni, così come in Ghana, Guinea, Togo e Tunisia.
In Algeria e Ciad il reato è punito con 2 anni di carcere, mentre in Liberia e Zimbabwe con un anno. In Egitto, l’omosessualità non è criminalizzata per legge ma di fatto, come dimostrano diversi report.
Gli unici paesi che tutelano i diritti LGBT in Africa sono il Sudafrica, la cui Costituzione post-apartheid è stata la prima al mondo a mettere fuori legge le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale, il Mozambico e l’Angola.
In parte anche le Mauritius e il Botswana, che ha il ranking più alto nella classifica dei Paesi più democratici del continente.
La battaglia per i diritti LGBTQ deve essere affrontata anche a livello culturale e non solo legale, perché anche nei paesi che non vietano l’omosessualità, le persone LGBTQ non sono accettate socialmente.
Nonostante l’acquisizione di diritti, la comunità continua a subire forti discriminazioni, legate a pregiudizi profondamente radicati.
Per esempio l’accusa di diffondere il virus dell’HIV e di indurre i bambini all’omosessualità. Queste discriminazioni si riflettono nell’accesso al mercato del lavoro, alle cure mediche e ai servizi.
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