Si stima che il 30% delle persone affette da disturbo da alimentazione incontrollata soffrano anche di ADHD
Quando Katy Weber, health coach (letteralmente “coach della salute”) che lavora con pazienti affetti da disturbo da alimentazione incontrollata, ha ricevuto la diagnosi di ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder, ovvero disturbo da deficit di attenzione/iperattività) all’età di 45 anni, molti dei problemi che avevano accompagnato la sua vita hanno iniziato a trovare una spiegazione. Weber, che ha sviluppato il disturbo da alimentazione incontrollata in età adulta, ha rapidamente realizzato che molte delle sue problematiche legate all’alimentazione – come ad esempio la difficoltà nel riconoscere lo stimolo della fame – erano correlate all’ADHD. “Una volta che inizi a collegare i puntini, tutto ha molto più senso”, afferma Weber.
C’è ancora molto da scoprire sul collegamento tra ADHD e disturbo da alimentazione incontrollata, ma è certo che esiste un alto grado di sovrapposizione tra le due condizioni; si stima che il 30% dei pazienti affetti da disturbo da alimentazione incontrollata rientrino anche nei criteri diagnostici dell’ADHD. Con l’aumento delle diagnosi di ADHD negli ultimi anni, soprattutto tra le donne adulte come Weber, molti stanno iniziando a riconoscere i modi in cui questo disturbo può aumentare il rischio di sviluppare altre comorbidità.
“Come molte altre problematiche di questo tipo, questi disturbi sono il risultato di una combinazione di fattori, e ogni caso è unico”, afferma Carolyn Lentzsch Parcells, pediatra in Texas specializzata nel trattamento di pazienti con ADHD e disturbi alimentari. “Ogni persona affetta da ADHD è un caso a sé, così come ogni persona affetta da un disturbo alimentare è un caso specifico”.
Disturbo da alimentazione incontrollata e deficit di attenzione: il ruolo dell’impulsività
Il disturbo da alimentazione incontrollata si caratterizza per il consumo abituale di grandi quantità di cibo in un breve lasso di tempo, accompagnato da comportamenti incontrollati e sensazioni di vergogna e rimorso. I pazienti spesso dichiarano di mangiare oltre il senso di sazietà, trasformando il cibo in una compulsione, nonostante il desiderio di smettere. “È più che altro una questione di impulsività”, spiega Cesar Soutullo, psichiatra presso lo Health Science Center dell’Università del Texas a Houston, specializzato nel trattamento dell’ADHD. “Una volta che inizi, non riesci a fermarti”.
L’ADHD è un disturbo del neuro-sviluppo che colpisce la parte del cervello responsabile della funzione esecutiva. Le persone con ADHD hanno difficoltà a pianificare, a distinguere tra compiti di diversa priorità, a riadattare i programmi a seguito di complicazioni dell’ultimo minuto e a portare a termine progetti a lungo termine. Tra i sintomi dell’ADHD c’è anche una predisposizione a comportamenti di dipendenza.
Le due condizioni si intersecano quando i pazienti con ADHD sviluppano nel corso della vita un disturbo da alimentazione incontrollata, spesso a causa di una combinazione di fattori genetici e ambientali. Il complesso collegamento tra disturbo da alimentazione incontrollata e ADHD è determinato da vari fattori comuni nei pazienti con ADHD, come la difficoltà nella regolazione emotiva, l’impulsività e l’elaborazione delle ricompense.
Studi indicano che il collegamento tra questi disturbi potrebbe essere legato a come il cervello delle persone affette da entrambe le condizioni elabora le ricompense. Nelle persone con ADHD, “le modalità di elaborazione delle ricompense sono diverse”, spiega Lentzsch Parcells, a cui è stato diagnosticato l’ADHD a 17 anni. “Il nostro modo di cercare le ricompense e reagirvi è differente”. Le persone con ADHD rispondono con minore intensità alle ricompense, il che significa che sono necessarie stimolazioni molto più grandi per sentirsi motivati. Per i soggetti affetti da disturbo da alimentazione incontrollata, gli studi indicano una maggiore risposta alla ricompensa del cibo rispetto ad altre ricompense.
Quando la minore risposta generale alle ricompense, tipica dell’ADHD, si combina con una maggiore risposta specifica al cibo, si può creare una situazione in cui il cibo diventa un modo per auto-medicarsi. Le persone con ADHD spesso si sentono poco stimolate, il che porta a una bassa motivazione, e il mangiare può diventare una delle poche attività percepite come gratificanti. “Nel breve termine, funziona”, afferma Sarah Greenberg, psicoterapeuta presso Understood.org, un’organizzazione che offre risorse per persone con problemi di apprendimento, come l’ADHD. “Si avverte il rilascio di dopamina e un senso di gratificazione”.
Nel caso di Weber, il collegamento tra i due disturbi è stato complesso e ha coinvolto una serie di problemi alimentari che spesso affliggono le persone con ADHD. Questi includono comportamenti come dimenticare di mangiare fino a sentirsi estremamente affamati, portando spesso a abbuffate, e difficoltà a organizzarsi per consumare tre pasti bilanciati al giorno. Weber tende anche a oscillare tra due estremi nell’alimentazione: seguire una dieta rigidissima o abbuffarsi senza controllo.
Weber ha sempre avuto difficoltà a riconoscere gli stimoli della fame, un aspetto comune tra molti pazienti con ADHD, che riportano una ridotta percezione del corpo. “Per questo, la diagnosi del disturbo tocca corde molto profonde”, afferma Weber, “per le persone come me è un’opportunità per rendersi conto che c’è un motivo [per cui ci abbuffiamo]”.
Trattare pazienti con comorbidità può essere complesso, poiché i medici devono identificare quale disturbo trattare per primo. Questo può essere un difficile esercizio di equilibrio, poiché l’ordine in cui le patologie vengono affrontate può influire sul successo del trattamento.
Ad esempio, trattare l’ADHD in un paziente con disturbo bipolare non curato può peggiorare il disturbo bipolare, mentre ci sono evidenze che indicano che il trattamento dell’ADHD in concomitanza con un disturbo da uso di sostanze può ridurre i tassi di ricaduta. “Si cerca di trattare un disturbo senza peggiorare l’altro”, afferma David Goodman, psichiatra della Johns Hopkins University, la cui ricerca è focalizzata sull’ADHD.
Per i pazienti con ADHD e disturbo da alimentazione incontrollata, il trattamento è più semplice rispetto a molti altri casi, poiché uno dei pochi trattamenti approvati, un farmaco stimolante chiamato Vyvanse, funziona per entrambi i disturbi.
Studi minori indicano che farmaci per l’ADHD come lo psicofarmaco non stimolante atomoxetina o la forma a lunga durata del farmaco stimolante metilfenidato possono aiutare a ridurre la frequenza e l’intensità degli episodi di abbuffata.
“Se si tratta l’ADHD, si riduce la frequenza e l’intensità delle abbuffate”, afferma Soutullo. Tuttavia, trovare il giusto trattamento e la giusta dose può non essere facile. Alcuni pazienti potrebbero riscontrare un aumento degli episodi di abbuffata incontrollata se sottoposti a terapia con farmaci per ADHD a breve durata, poiché gli effetti collaterali della soppressione dell’appetito possono portare a dimenticare di mangiare, con conseguenti episodi di alimentazione incontrollata.
In pratica, il collegamento tra ADHD e disturbo da alimentazione incontrollata e il modo in cui la presenza di entrambi può influire sul trattamento non sempre viene riconosciuto. “Ci sono convinzioni errate sull’ADHD e sui disturbi alimentari”, afferma Lentzsch Parcells. “Se mettiamo insieme le persone affette dai due disturbi, abbiamo una popolazione davvero poco considerata”. Nel caso di Greenberg, che ha ricevuto la diagnosi di ADHD a 14 anni e più tardi ha sviluppato un disturbo alimentare, il collegamento tra le due condizioni non fu riconosciuto durante il trattamento. “Vengono viste come patologie separate”, mentre in realtà, continua Greenberg, “per molti aspetti si sovrappongono”.
Per quanto riguarda le terapie comportamentali, l’ADHD può complicare la cura del disturbo da alimentazione incontrollata, poiché molti pazienti hanno difficoltà a mantenere ritmi organizzati e a creare un ambiente strutturato. “In termini di trattamenti comportamentali, spesso si inizia con pasti bilanciati a orari regolari”, afferma Greenberg, ma le persone con ADHD trovano difficile mantenere questa struttura. “E cosa succede quando quella struttura non c’è più?”.
Come osserva Greenberg, molti dei trattamenti e delle strategie comunemente proposti per i disturbi alimentari non sono pensati per pazienti con ADHD, che spesso hanno difficoltà a organizzare, concentrarsi e gestire il tempo. Questo può rendere il processo di recupero molto più difficile, specialmente per i pazienti ambulatoriali.
Negli anni successivi alla diagnosi di ADHD, Weber ha potuto comprendere meglio gli aspetti in cui le due condizioni si sovrappongono. Questo le ha anche permesso di sviluppare una maggiore empatia per i pazienti con cui lavora, molti dei quali sono affetti da ADHD. Grazie alla sua esperienza, ha iniziato a riconoscere comportamenti indicativi nei suoi pazienti, come la difficoltà nel mantenersi costanti, che hanno ostacolato anche il suo recupero. “Tutto si riconduce a questa diagnosi, in modo molto profondo”.