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Transgender e non binarie: cos’è cambiato in Italia?

Secondo la Corte Costituzionale l’obbligo a transgender e persone non binarie di chiedere l’autorizzazione al tribunale per le operazioni di riassegnazione del sesso anche per chi ha già ottenuto il cambio dei documenti è «irragionevole»

Martedì la Corte Costituzionale ha emesso una sentenza che potrebbe avere un impatto significativo sulla vita delle persone trans in Italia: ha dichiarato incostituzionale l’obbligo per le persone trans, che desiderano sottoporsi a un intervento chirurgico di riassegnazione del sesso (come mastectomia, falloplastica o vaginoplastica), di ottenere l’autorizzazione del tribunale anche se hanno già iniziato una terapia ormonale (per la femminilizzazione o la mascolinizzazione delle caratteristiche fisiche) su prescrizione medica e ottenuto la rettifica dei documenti.

La sentenza è relativa a un caso sollevato dal tribunale di Bolzano, in cui una persona trans di 24 anni aveva richiesto di poter avere sui documenti un genere “altro” o “non-binario” invece di “maschile” o “femminile”, e il diritto di sottoporsi a una mastectomia, cioè la rimozione del seno, senza dover adottare il genere maschile nei documenti ufficiali.

Transgender e non binarie: cosa sta cambiando in Italia?

La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’articolo 31, comma 4, del decreto legislativo 150 del 2011, che richiedeva alle persone trans di ottenere l’autorizzazione di un tribunale per sottoporsi a operazioni chirurgiche di riassegnazione del sesso.

La Corte ha stabilito che le persone trans, che hanno già ottenuto l’autorizzazione medica per iniziare la terapia ormonale e il permesso del tribunale per cambiare il genere sui documenti, dovrebbero essere considerate automaticamente autorizzate ad accedere anche alle operazioni chirurgiche.

Transgender e non binarie: cos’è cambiato in Italia? – ANSA – Sardegnaoggi.it

 

Attualmente, le persone trans che desiderano iniziare una terapia ormonale per rendere il proprio aspetto più femminile o maschile devono seguire un percorso medico e psicologico, al termine del quale ricevono il “nulla osta”, un’autorizzazione formale (poiché dal 2020 questa terapia è coperta dal Servizio Sanitario Nazionale).

Tuttavia, per sottoporsi alle operazioni chirurgiche di riassegnazione del sesso, è sempre necessaria un’autorizzazione specifica del tribunale. Questo obbligo comporta che molte persone, già valutate da un’équipe medica, debbano attendere a lungo per poter accedere agli interventi chirurgici.

La Corte Costituzionale ha stabilito che non vi è motivo per cui una persona, autorizzata a iniziare la transizione ormonale e che ha già ottenuto la rettifica anagrafica da un tribunale, non possa anche sottoporsi a un intervento chirurgico di riassegnazione del sesso.

Per quanto riguarda l’indicazione del genere sui documenti, la Corte ha dichiarato inammissibile la richiesta di introdurre una terza opzione, oltre a “maschile” e “femminile”.

Ha spiegato che l’introduzione di un terzo genere richiederebbe una modifica legislativa ampia, dato che attualmente tutti i documenti ufficiali prevedono solo le opzioni “maschile” e “femminile”.

Tuttavia, ha riconosciuto l’importanza della centralità della persona, ponendo la questione del genere non binario all’attenzione del legislatore e sollecitando il Parlamento a intervenire, come già fatto in passato su altri temi.

Negli ultimi anni, la questione di un terzo genere sui documenti è stata affrontata e risolta in molti paesi: in Belgio e nei Paesi Bassi è possibile eliminare qualsiasi riferimento al genere sui documenti d’identità.

In altri paesi europei come Islanda, Austria, Danimarca, e presto Germania, è stata introdotta una terza opzione (spesso “non binario” o X). Nel resto del mondo, questa possibilità esiste già in paesi come Colombia, Australia, Nuova Zelanda, Argentina, Cile, Brasile, Stati Uniti (con variazioni tra stati) e Canada.

Nella definizione di non binary comunque si riconoscono persone con esperienze anche molto diverse tra loro: ci sono per esempio persone che pur non riconoscendosi pienamente né nel genere femminile né in quello maschile magari convivono in modo tutto sommato sereno col proprio aspetto e col proprio nome, riuscendo a trovare rapporti, contesti e spazi in cui farsi conoscere per come sono.

Ci sono poi persone che hanno esperienze di maggiore sofferenza perché vivono in contesti in cui il modo in cui si sentono non viene accettato, o si trovano a disagio nel proprio corpo, e come avviene con molte persone trans binarie vorrebbero iniziare una terapia ormonale, magari con dosi ridotte, o sottoporsi a interventi chirurgici per cambiarlo.

Le persone che appartengono a questo secondo gruppo si rivolgono solitamente ai servizi che si occupano della valutazione psicologica che è prevista dalle leggi italiane per chi vuole iniziare una transizione di genere (sia a livello medico che burocratico). Quello che succede spesso però è che decidano di non presentarsi come persone non binarie per il timore di non rispettare i “criteri” considerati necessari per iniziare una transizione di genere.

Non è un timore del tutto infondato visto che all’interno di molti servizi e istituzioni c’è ancora una certa ignoranza rispetto al non binarismo. In generale, è più facile che la terapia ormonale venga autorizzata a una persona che mostra di aderire completamente a tutte le caratteristiche associate a uno dei due generi, che non a una che non si riconosce in nessuno.

La difficoltà di essere compresi può avere un impatto negativo sulla salute mentale delle persone non binarie. Nel suo libro, Santini osserva che “le ricerche indicano che gli individui non binari affrontano difficoltà significative e sono a maggior rischio di esiti negativi per la salute mentale rispetto sia alle persone cisgender che a quelle transgender.”

Per esempio una persona non binary che voglia sottoporsi a un’operazione di rimozione del seno può farlo in Italia solo insieme a una terapia ormonale maschilizzante, ma ci sono anche persone non binary che pur volendo farsi togliere il seno non vogliono iniziare una transizione con gli ormoni e non vogliono cambiare genere sui documenti. Spesso finiscono con l’andare a fare l’operazione all’estero, in paesi come la Germania dove invece è possibile.

Nella società contemporanea le persone non binarie si trovano a dover fare i conti con moltissime cose che in misure diverse le ostacolano nell’affermazione della loro identità.

Un’altra grande difficoltà è il linguaggio, oltre alla mancanza di comprensione da parte di molte persone su cosa significhi essere non binary. In italiano, come in molte altre lingue, non esiste un modo neutro per riferirsi a qualcuno; pronomi, sostantivi e aggettivi devono quasi sempre essere declinati al maschile o al femminile. Questo può rappresentare un problema significativo per le persone che non si identificano con nessuno dei due generi.

Giulia De Sanctis

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