Scopri come funziona la detrazione de fondi pensione per ottenere un significativo risparmio IRPEF con la pensione integrativa
Deduzioni o detrazioni? Accumulazione o rendita? Capitale o vitalizio? Sono molte le domande che si pongono coloro che desiderano costruirsi una pensione integrativa e sfruttare al meglio i vantaggi fiscali offerti dalla normativa vigente.
Approfondendo questo argomento, emerge che aderire alla previdenza complementare permette di ottenere significativi risparmi fiscali, anche di diverse migliaia di euro. I fondi pensione, infatti, sono strumenti a adesione volontaria che consentono ai lavoratori di ottenere una rendita aggiuntiva al momento del pensionamento.
Come risparmiare sulle tasse con i fondi pensione
Questo “secondo pilastro” pensionistico diventerà sempre più rilevante, dato il progressivo calo delle pensioni del primo pilastro, almeno se confrontate con quelle erogate finora. Questo cambiamento è il risultato della riforma Dini-Treu del 1995, accelerata dalla riforma Monti-Fornero del 2011.
Il decreto legislativo 252/2005 incentiva l’adesione a questi strumenti, offrendo una serie di agevolazioni fiscali sia durante la fase di accumulazione, cioè nel periodo lavorativo, sia al momento del pensionamento, con aliquote ridotte rispetto al reddito da lavoro.
Si aderisce alla previdenza complementare non solo per assicurarsi una pensione più sostanziosa, ma anche per ridurre il carico fiscale, un argomento di particolare attualità con l’avvicinarsi della presentazione della dichiarazione dei redditi. Esaminiamo i vari modi in cui il risparmio previdenziale può contribuire a ridurre le tasse.
Chi aderisce a fondi pensione per la previdenza complementare o integrativa può dedurre dal reddito imponibile tutti i contributi volontari e quelli del datore di lavoro fino a un massimo di 5164,57 euro all’anno, cifra equivalente ai vecchi 10 milioni di lire.
È importante notare che nel calcolo di questa soglia non rientrano i contributi derivanti dal trattamento di fine rapporto (TFR) pari al 6,91% della retribuzione: il TFR destinato alla previdenza non è incluso in questa incentivazione, poiché segue regole diverse.
Includendo, invece, i contributi volontari che superano il TFR e, nel caso di adesione a un fondo di categoria o a un fondo aperto con adesione collettiva, anche i contributi del datore di lavoro. Questa opzione è particolarmente vantaggiosa per i redditi più bassi, mentre è meno significativa per chi percepisce uno stipendio più elevato.
Ad esempio, un individuo con un reddito annuo di 30mila euro che decide di destinare al proprio fondo pensione 4mila euro, tra contributi volontari e quelli del datore di lavoro, può ridurre la propria aliquota fiscale dal 38% al 27%. Per i lavoratori autonomi, che non ricevono il TFR, tutti i contributi sono considerati volontari e possono essere dedotti fino a un massimo di 5164,57 euro.
Chi aderisce a un fondo pensione può richiedere anticipazioni sul “montante accumulato” e, restituendo il denaro, beneficiare di un vantaggio fiscale. Ad esempio, per spese sanitarie documentate per sé o per i familiari, è possibile riscattare fino al 75% del capitale accumulato, pagando un’imposta del 15%, che si riduce dello 0,3% per ogni anno di adesione oltre il quindicesimo.
Anche per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa, per sé o per i figli, si può ottenere un’anticipazione del 75% del montante accumulato, a condizione di essere iscritti al fondo da almeno 8 anni. L’imposta in questo caso è del 23%, la stessa prevista per altre necessità non specificate, con il requisito degli otto anni di adesione.
Il lavoratore che decide di restituire l’importo anticipato dal proprio fondo pensione può dedurlo dalla dichiarazione dei redditi entro il limite annuale di 5164,57 euro. In pratica, se l’importo da restituire è superiore, è possibile suddividere la restituzione nel tempo per rimanere entro il limite di deducibilità .
Ad esempio, chi ha ricevuto un’anticipazione di 10mila euro per spese mediche può scaglionare la restituzione in quattro anni, versando contributi volontari e datoriali di circa 2500 euro all’anno, per non superare il limite di 5164,57 euro.
Questa soglia di 5164,57 euro annui può essere sfruttata anche facendo aderire al fondo pensione i familiari a carico, come i figli. Questa opportunità , sempre più comune nei piani previdenziali, consente al contribuente di combinare il vantaggio fiscale con la creazione di un risparmio previdenziale per i propri figli. Questi ultimi, una volta entrati nel mondo del lavoro, possono continuare a contribuire fino al pensionamento.
Questo permetterà loro di accumulare un montante significativo nel tempo, aumentando così la rendita del secondo pilastro che ne deriverà . È importante ricordare che i contributi previdenziali del genitore e del figlio sono fiscalmente agevolati solo entro il limite dei 5164,57 euro annui. Tuttavia, nulla vieta di versare importi superiori al fondo pensione per ottenere una rendita più consistente in futuro.
È importante ricordare che una volta che i figli iniziano a lavorare, non sono obbligati a mantenere il loro denaro nello stesso fondo pensione del genitore. La normativa prevede infatti che, dopo i primi due anni, sia possibile trasferire la propria posizione, inclusa quella accumulata in precedenza, a un altro fondo pensione. Questa “portabilità ” è stata introdotta per incentivare la concorrenza tra le varie forme di previdenza vigilate secondo i criteri del d.lgs. 252/2005.
“Conviene mantenere il TFR in azienda o destinarlo a un fondo pensione?” Questa domanda è stata centrale nei primi sei mesi del 2007, durante il cosiddetto semestre di silenzio/assenso, e continua a essere rilevante per chi entra nel mondo del lavoro. La normativa incentiva fiscalmente la destinazione del TFR alla previdenza complementare.
I vantaggi fiscali si applicano sia durante la fase di accumulazione sia al momento del pensionamento. Una volta raggiunti i requisiti pensionistici, la tassazione sul montante accumulato non sarà del 23%, come previsto dalla normativa generale, ma inferiore di diversi punti percentuali: parte dal 15% e si riduce dello 0,3% per ogni anno di adesione oltre il quindicesimo anno, fino a un minimo del 9% per chi ha contribuito alla previdenza complementare per almeno 35 anni.
Questo porta a un risparmio di 14 punti percentuali per chi sceglie la previdenza complementare rispetto a chi mantiene il TFR in azienda o nel fondo di tesoreria dell’Inps. Questa agevolazione è stata introdotta dal legislatore per incentivare i lavoratori a costruirsi un secondo pilastro previdenziale.
Per ottimizzare ulteriormente i risparmi fiscali, esistono alcune strategie contabili, soprattutto in caso di riscatto del 50% del montante accumulato a causa di mobilità , cassa integrazione, o dopo 12 mesi di disoccupazione. In questi casi, la legge prevede una tassazione del 15%, che si riduce dello 0,3% per ogni anno di adesione oltre il quindicesimo anno, fino a un minimo del 9%.
Se invece un lavoratore desidera riscattare subito il 100% dal fondo di categoria, la legge impone una tassazione del 23%. Una strategia utile può essere quella di chiedere prima il 50% del montante, su cui verrà applicata la tassazione agevolata, e successivamente il restante 50%, su cui si applicherà la tassazione ordinaria del 23%. In questo modo, almeno sul primo 50% del riscatto, si ottiene un risparmio di 8 punti percentuali sulla tassazione.