I 5 tipi di insonnia associati a diversi tratti di personalità

Dietro al termine insonnia potrebbero nascondersi 5 diversi modi di riposare male: la scoperta potrebbe portare a terapie più specifiche ed efficaci

L’insonnia è il secondo disturbo mentale più comune al mondo ed è un importante fattore di rischio per la depressione. Sebbene sia un termine ben noto, i dati clinici e la presenza di biomarcatori differenti tra pazienti indicano una grande eterogeneità nel disturbo dell’insonnia, con molte varianti spesso non riconosciute.

In passato, sono state proposte classificazioni che cercavano di raggruppare le diverse forme di insonnia, ma nessuna ha dimostrato una validità scientifica solida.

Recentemente, alcuni ricercatori hanno cercato di ottenere dati più robusti per sostenere l’ipotesi dell’esistenza di diverse tipologie di insonnia, utilizzando studi su larga scala che includevano sia tratti multidimensionali sia dati biologici.

Dunque, se appartenete a quel 10% di persone che avrebbe tutte le carte in regola per una diagnosi formale di insonnia, conoscere il tipo preciso di disturbo del sonno di cui soffrite potrebbe sembrarvi superfluo: tanto, la sostanza è che non si dorme! Eppure, comprendere meglio quali forme di insonnia ci sono servirà a studiare terapie e accorgimenti più mirati per ritrovare un riposo sereno.

La Dott.ssa Tessa Blanken e un gruppo di colleghi del Netherlands Institute for Neuroscience è riuscita in particolare a dare una spiegazione del perché sia stato così difficile in questi anni identificare i meccanismi cerebrali sottostanti all’ insonnia ed afferma:

“Anche se abbiamo sempre considerato l’ insonnia come un disturbo, essa rappresenta in realtà cinque diversi disturbi. I meccanismi cerebrali sottostanti possono essere molto diversi. In maniera simile, i progressi riguardanti lo studio della demenza sono stati fatti una volta che ci siamo resi conto che ne esistono di diversi tipi, come l’Alzheimer, oppure la demenza vascolare o la demenza frontotemporale”.

I soggetti che hanno partecipato allo studio sono stati reclutati attraverso il Netherlands Sleep Registry, un database di volontari aventi un’età minima di 18 anni. Ciascuno di essi è stato poi seguito online per esaminare i tratti di personalità, la qualità del sonno, gli eventi di vita e il proprio stato di salute attraverso la somministrazione di diversi questionari selezionati.

I risultati ottenuti hanno permesso di ottenere dati aventi un’ampia validità clinica rispetto all’esistenza di diverse tipologie di insonnia e agli effetti sullo sviluppo di disturbi del sonno, di possibili disturbi in comorbilità (inclusa la depressione) e sulla risposta dei pazienti alla terapia con benzodiazepine.

Nel caso di due specifici sottotipi di disturbo dell’ insonnia, si è anche valutata la rilevanza clinica di queste tipologie mediante l’uso di un biomarker dell’elettroencefalogramma e l’efficacia della terapia cognitivo comportamentale nel trattamento.

Le nuove metodologie e tecniche sviluppate per lo studio delle attività cerebrali, lascia sperare di poter raggiungere una maggiore comprensione dei meccanismi cerebrali sottostanti le diverse tipologie di insonnia individuate da Blanken e colleghi.

Classificare le diverse tipologie di insonnia è inoltre clinicamente rilevante dal momento che l’efficacia del trattamento con sonniferi o terapia cognitivo comportamentale, sempre sulla base dello studio sopra citato, sembra differire a seconda dello specifico sottotipo di insonnia di cui soffre il paziente.

Anche il rischio di sviluppare depressione variava drammaticamente a seconda del sottotipo di insonnia. Raggiungere quindi una buona classificazione delle diverse tipologie consentirebbe un approccio più efficace alla prevenzione della depressione, allertando in particolare i soggetti con un rischio maggiore di svilupparla. Blanken e colleghi hanno avviato a questo scopo uno nuovo studio sulla prevenzione della depressione nelle persone con insonnia.

La speranza è che studi come questo facciano nascere l’interesse per un tema come l’ insonnia, promuovendo la spinta verso nuove scoperte oltre che sui meccanismi alla base di tale patologia anche sulle modalità di intervento più efficaci nel trattamento.