La peste suina può causare gravi conseguenze economiche per il settore dell’allevamento suino e richiede misure di controllo rigorose
In Italia sono stati abbattuti più di 50mila maiali per contrastare la diffusione della peste suina. In tutto il territorio si contano 24 focolai negli allevamenti domestici, 18 solo in Lombardia. Il commissario straordinario per la Peste Suina Africana, Giovanni Filippini, lo aveva dichiarato qualche giorno fa. “In Piemonte sono 5 e uno in Emilia Romagna“. La peste suina africana è stata inserita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) nella lista delle malattie di categoria A, ovvero quelle che richiedono l’adozione immediata di misure di eradicazione. La legge impone l’abbattimento di tutti i capi di uno stesso allevamento in presenza di un esemplare contagiato.
La peste suina è una malattia virale altamente contagiosa che colpisce i suini domestici e selvatici, come i cinghiali. La patologia è causata da un virus della famiglia Asfaviridae e non è trasmissibile all’essere umano. Attualmente non esiste un vaccino efficace e può portare alla morte quasi il 100% degli animali infetti. La prima conferma di positività al virus è arrivata all’inizio del 2022 nella carcassa di un cinghiale trovata in Piemonte. Le autorità hanno subito messo in atto strategie di prevenzione e controllo, ma nonostante questo la malattia sta continuando a diffondersi ampiamente.
Il virus si diffonde attraverso il contatto diretto tra animale sano e infetto, sia per via indiretta. “La trasmissione indiretta avviene a seguito di ingestione di carne e prodotti suini contaminati, inclusi rifiuti alimentari, scarti di cucina, frattaglie, avanzi di cibo, o tramite oggetti contaminati come attrezzature, veicoli e abbigliamento, ruote degli automezzi, ossia attraverso il ‘fattore umano’“, si legge sul sito del Ministero della Salute. La peste suina può causare gravi conseguenze economiche per il settore dell’allevamento suino e richiede misure di controllo rigorose. Rudy Milani, presidente nazionale dei suinicoltori di Confagricoltura, ha dichiarato che in Italia le perdite economiche dovute al calo dell’esportazione di carne suina si aggirano fra i 20 e i 30 milioni di euro al mese. I sintomi più comuni sono febbre, perdita di appetito, lesioni emorragiche sulla pelle, debolezza degli arti posteriori, difficoltà respiratorie, aborti spontanei.
Secondo i dati pubblicati dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale”, dall’inizio del 2022 ad oggi in Italia i suini infetti all’interno di zone soggette a restrizioni sarebbero circa 13.450, (13mila solo in Lombardia, oltre 400 in Calabria e gli altri in Sardegna, Piemonte, Emilia-Romagna e Lazio).
“Nei Paesi infetti il controllo si effettua – come specificato sul sito del Ministero della Salute – attraverso l’abbattimento e la distruzione dei suini positivi e di tutti gli altri suini presenti all’interno dell’allevamento infetto. Fondamentali sono non solo l’individuazione precoce dell’ingresso della malattia, ma anche la delimitazione tempestiva delle zone infette, il rintraccio e il controllo delle movimentazioni di suini vivi e dei prodotti derivati, le operazioni di pulizia e disinfezione dei locali e dei mezzi di trasporto degli allevamenti infetti, l’effettuazione delle indagini epidemiologiche volte ad individuare l’origine dell’infezione”.
Per quanto riguarda i Paesi indenni la prevenzione dell’infezione si effettua attraverso “la sorveglianza passiva negli allevamenti domestici e sulle carcasse di cinghiale rinvenute nell’ambiente o in seguito ad incidenti stradali, il rigoroso rispetto delle misure di biosicurezza negli allevamenti suini, il severo controllo dei prodotti importati e la costante sorveglianza sullo smaltimento dei rifiuti alimentari, di ristoranti, navi e aerei“, continua la nota.
Il commissario Filippini ha detto, riferendosi alla sua ordinanza di giovedì scorso: “È ovvio che chiediamo un sacrificio enorme aegli allevatori coinvolti nei territori dall’infezione, ma noi abbiamo l’obiettivo di riportare il prima possibile la situazione alla normalità“. Cavagnini, vicepresidente di Coldiretti Brescia, ha spiegato: “Per gli animali che dovrò abbattere io sarò indennizzato. Ma ad oggi nessun risarcimento è previsto per chi subisce danni indiretti. Per esempio, chi gestisce un allevamento di suini da riproduzione all’interno di una zona soggetta a restrizione oggi non può consegnare i suinetti. Mentre chi è costretto a far ingrassare troppo i maiali perché non può spostarli, va incontro al loro deprezzamento. Per gli allevatori i danni diretti sono solo un decimo di quelli indiretti, eppure questi ultimi non vengono rimborsati“.
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