Il 25 novembre rappresenta una data di grande importanza a livello mondiale, poiché si celebra la Giornata internazionale contro la violenza di genere.
Questa giornata non è solo un momento simbolico, ma un richiamo forte e chiaro affinché tutti si impegnino, giorno dopo giorno, per combattere situazioni di ingiustizia che colpiscono donne di ogni età e condizione. È fondamentale, infatti, che la lotta contro la violenza non si limiti a un solo giorno all’anno. Il contesto è complesso e richiede un’analisi attenta, in particolare riguardo alle disuguaglianze nel mercato del lavoro.
Nel panorama lavorativo sardo, il divario di genere emerge in modo allarmante. Secondo le statistiche fornite dal Centro studi Cgil regionale, il tasso di occupazione femminile in Sardegna è appena al 49,1% mentre quello maschile tocca il 63%. Questo gap evidenzia una realtà che non può essere ignorata, e che resta una delle problematiche principali da affrontare per migliorare la condizione delle donne nell’isola. Vale la pena sottolineare che il lavoro femminile è spesso più precario e caratterizzato da contratti part-time, con la Sardegna che risulta tra le regioni con la maggiore percentuale di lavoratori in questa situazione. Infatti, il 23,4% delle donne lavora in part-time involontario, rispetto al 16,1% degli uomini. Tali dati, resi noti anche dall’Istat e dal rapporto BES, evidenziano una disparità non solo nei tassi di occupazione, ma anche nella qualità e stabilità del lavoro.
Differenze retributive e violenza economica
Oltre alle differenze nei tassi di occupazione, c’è anche un tema molto preoccupante riguardante la retribuzione. Le statistiche dell’Inps parlano chiaro: nel settore privato, una donna guadagna in media 64,2 euro al giorno, rispetto agli 83,8 euro degli uomini. La media nazionale, per contestualizzare, è di 77,6 euro per le donne e 104,4 per gli uomini. Questa disparità retributiva non solo rappresenta una mancanza di giustizia economica, ma alimenta anche forme meno visibili di violenza, come quella economica e psicologica, come sottolinea Francesca Nurra, segretaria regionale Cgil. È essenziale, pertanto, considerare la correlazione tra disuguaglianze economiche e violenze di genere, poiché una donna economicamente vulnerabile è molto più facile preda di abusi e maltrattamenti.
La realtà inquietante della violenza di genere
La violenza di genere si manifesta in molte forme fra cui stalking, maltrattamenti e violenze di tipo fisico o sessuale. Secondo il Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno, dal 2021 in Italia il fenomeno dello stalking ha visto un aumento costante, con il 75% delle vittime che sono donne. I dati parlano di un’incidenza di 30,86 per ogni 10 mila persone nel 2023, cifra che per la Sardegna è di 26,26. Una realtà decisamente preoccupante, che mette in luce un problema di grande rilevanza sociale.
In Sardegna, la situazione si complica ulteriormente quando si prendono in considerazione i femminicidi. Recenti statistiche forniscono uno scenario scioccante: in controtendenza rispetto all’andamento nazionale, i casi di femminicidio nell’anno in corso sono aumentati del 200%. Negli ultimi sette anni, ben 28 donne sono state uccise da uomini. Questo trend crescente non può essere ignorato e richiede un’attenzione particolare sia da parte delle istituzioni che della società civile.
I numeri che parlano chiaro: la violenza denunciata
Infine, è fondamentale dare uno sguardo ai numeri delle violenze denunciate. I dati riportati dall’Istat nel 2022 indicano che in Sardegna si sono registrate ben 613 vittime di violenza. Dei casi segnalati, oltre il 52,3% riguardano atti persecutori, mentre circa il 30% coinvolge percosse e quasi il 18% è riferito a violenze sessuali. Questi numeri non sono solo statistiche, ma raccontano storie di sofferenza, di paura e di ingiustizia. La comprensione di queste dinamiche è vitale per promuovere un cambiamento significativo e duraturo. La lotta contro la violenza di genere necessita di un approccio globale, che includa educazione, sensibilizzazione e politiche mirate per garantire un futuro migliore per tutte le donne.
In questo contesto, il 25 novembre diventa non solo un giorno di commemorazione ma un’opportunità per riflettere sul percorso da intraprendere.