Pensione: come calcolare quando andarci e l’importo

Il calcolo della pensione permette di stimare, in base alle tue dinamiche lavorative, l’ammontare della pensione mensile che percepirai nel momento del tuo ritiro dall’attività lavorativa

L’importo della pensione dipende da vari fattori:

  • il momento in cui andrai in pensione
  • quando hai iniziato a lavorare
  • il tuo percorso lavorativo
  • l’andamento dell’economia italiana
  • l’aumento della speranza di vita.

Prima vai in pensione, minori saranno i contributi versati e maggiore sarà la tua attesa di vita. Questo significa che, in media, prima smetti di lavorare, minore sarà l’importo della pensione.

Pensione: ecco come calcolare quando ci andrai

Per chi ha iniziato a lavorare dal 1996 in poi, la pensione sarà interamente calcolata sui contributi versati. Per chi ha iniziato a lavorare entro il 1995, la pensione sarà calcolata sui contributi versati dal 1996 in poi, mentre il periodo precedente sarà calcolato con il metodo retributivo, basato sulla media delle ultime retribuzioni.

Pensione: come calcolare quando andarci e l'importo
Pensione: come calcolare quando andarci e l’importo (www.sardegnaoggi.it)

 

La pensione dipende dal percorso lavorativo passato e futuro: maggiori redditi portano a maggiori contributi versati e quindi a una pensione più alta. Interruzioni, part-time o lavori stagionali riducono la pensione.

La pensione dipende anche dall’andamento dell’economia italiana: i contributi vengono rivalutati annualmente in base alla crescita media nominale del PIL dei cinque anni precedenti. Se l’economia cresce, crescono anche le pensioni; se l’economia è debole, le pensioni saranno più basse.

L’aumento della speranza di vita influisce sulla pensione: più a lungo vivremo, maggiore sarà il tempo durante il quale i contributi dovranno essere utilizzati, riducendo l’importo dell’assegno.

Considerando questi elementi, l’importo della pensione può essere solo stimato, non calcolato con precisione. Maggiore è il tempo che manca alla pensione, maggiore sarà la variabilità della stima. Man mano che ci si avvicina alla pensione, questa variabilità diminuisce. È importante monitorare costantemente la propria posizione pensionistica.

Come detto in precedenza, per chi ha il primo contributo accreditato dal 1996, tutta la pensione si basa sui contributi versati (metodo contributivo).

L’importo della pensione dipende dai contributi versati, proporzionali al reddito e al tipo di attività. Ogni anno, i contributi accumulati vengono rivalutati in base all’andamento dell’economia italiana.

Alla fine del periodo lavorativo, si accumula un capitale, detto montante contributivo. Per determinare l’importo della pensione, questo montante viene diviso per un numero che corrisponde all’aspettativa di vita media al momento del pensionamento.

In sintesi, la pensione dipende dai contributi versati, legati al tipo di attività e al reddito:

  • lavoratore dipendente 33% (1/3 lavoratore, 2/3 contributo azienda)
  • autonomi, artigiani e commercianti 24% – 24,48%
  • partite IVA, gestione separata 26,23%

Più si guadagna, maggiore sarà la pensione. Per più anni si lavora, maggiore sarà la pensione. Ecco perché è importante sapere che ogni anno di mancata contribuzione, dovuto ad inattività, ha delle conseguenze sul valore della pensione, così come l’eventuale interruzione anticipata dell’attività lavorativa.

La variazione della pensione dipende dunque dalla continuità lavorativa oppure che, oltre alla mancata contribuzione, si decida di anticipare l’interruzione dell’attività lavorativa a 60 anni. L’andamento del percorso lavorativo passato e futuro può modificare notevolmente l’importo della pensione lorda.

Prima abbiamo parlato del fatto che ogni anno i contributi versati vengono rivalutati per l’andamento dell’economia italiana considerando la media del PIL nominale degli ultimi 5 anni.

Ma come è andato il PIL negli ultimi anni? Le recessioni degli anni 2008-2009 e 2012-2013 si sono fatte sentire: come mostra l’elaborazione Progetica su dati ISTAT ed Eurostat, la rivalutazione delle pensioni è infatti stata, in termini reali, inferiore all’inflazione.

In precedenza, si è già visto che la data di pensionamento dipende dall’evoluzione della speranza di vita; più si vive a lungo, più tardi si potrà andare in pensione. L’aspettativa di vita influenza però anche il metodo di calcolo dell’importo pensionistico.

Maggiore è la durata media della vita, minore sarà il valore della pensione, perché sarà erogata per un maggior numero di anni (tecnicamente vengono adeguati i coefficienti di trasformazione in rendita).

Senza alcun adeguamento all’aumento della speranza di vita, nel caso in esame si potrebbe andare in pensione nel 2049 con un tasso di sostituzione pari al 51,3%.

Applicando all’età di pensionamento l’incremento per la speranza di vita si andrebbe in pensione più tardi, nel 2051, e in questo caso sarà anche necessario adeguare i coefficienti di calcolo, stimando una crescita della speranza di vita e, quindi, un maggior numero di anni da pensionato.

Il tasso di sostituzione diventa così pari a 49,8%. Ricordiamo che l’esempio per un 40enne era partito dal 73,2%: questi sono i potenziali effetti del proprio percorso lavorativo, del PIL e dell’andamento dell’aspettativa di vita.