Per molti lavoratori non è chiaro cosa accade con licenziamento e dimissioni quando è in corso la cessione del quinto: ecco come funziona
La cessione del quinto è una forma di prestito personale che permette di rimborsare un debito trattenendo direttamente una parte dello stipendio, fino a un massimo del 20% (un quinto, appunto).
Questa modalità di finanziamento è molto usata dai lavoratori dipendenti per la sua semplicità e per la sua sicurezza. Ma cosa accade alla cessione del quinto in caso di licenziamento o dimissioni? Di seguito, ecco tutte le informazioni utili.
Quando si richiede una cessione del quinto, il datore di lavoro e la società finanziaria stipulano un accordo che prevede il prelievo diretto della rata dallo stipendio. Per garantire il prestito, la finanziaria tiene conto anche del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) accumulato dal lavoratore. Quest’ultimo funge da garanzia: in caso di interruzione del rapporto di lavoro, volontaria o involontaria, la somma accumulata fino a quel momento può essere utilizzata per saldare parte del debito residuo. Questo aspetto è cruciale per capire cosa succede in caso di licenziamento.
Se un lavoratore si dimette volontariamente, la prima cosa che accade è che il datore di lavoro comunica la cessazione del rapporto alla finanziaria. A questo punto, il meccanismo di pagamento della rata tramite cessione del quinto viene interrotto. Tuttavia, il debito residuo non scompare. Infatti la finanziaria può richiedere al datore di lavoro di trattenere il TFR maturato e di utilizzarlo per estinguere parte del debito.
Se non copre l’intero importo residuo, il lavoratore sarà tenuto a rimborsare la differenza. Se il TFR non è sufficiente o se il lavoratore lo ha già percepito, la finanziaria contatterà l’ex dipendente per concordare un nuovo piano di rimborso. Questo può prevedere rate mensili diverse da quelle originarie e un diverso metodo di pagamento, come addebiti diretti sul conto corrente.
Alcune cessioni del quinto includono una polizza assicurativa che copre il rischio di perdita del lavoro. In questi casi, è possibile che l’assicurazione intervenga per coprire il debito residuo, anche se spesso l’assicurazione interviene solo in caso di licenziamento involontario e non per dimissioni volontarie.
Se il lavoratore viene licenziato per cause indipendenti dalla sua volontà, il meccanismo di gestione del debito residuo è simile a quello delle dimissioni volontarie, ma con alcune differenze. Infatti anche in questo caso, la finanziaria potrà utilizzare il TFR per coprire parte del debito. Tuttavia, la copertura potrebbe essere maggiore rispetto al caso di dimissioni, dato che il licenziamento potrebbe avvenire dopo un periodo di lavoro più lungo.
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