Ecco in quali casi si può chiedere e ottenere dei permessi retribuiti per assistere i familiari beneficiari della Legge 104 del 1992.
La Legge 104 del 1992 è uno dei pilastri del welfare italiano. Anzi, il pilastro del welfare italiano. Fornisce una serie di guarentigie a chi è affetto da gravi disabilità o da malattie invalidanti. Ma anche a chi assiste queste persone. Ci sono alcuni casi in cui si può usufruire di permessi retribuiti. Ma non lo sa quasi nessuno.
I benefici di cui alla Legge 104 del 1992 vengono assegnati alle persone con gravi malattie o disabilità, attraverso l’esame da parte di una commissione medica nominata dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale. Si va dai sussidi economici a una serie di sgravi fiscali, che non riguardano solo medicine e visite specialistiche. Ma che possono riguardare anche l’acquisto di strumentazione o persino di autovetture.
Tra le possibilità previste, vi sono anche i congedi parentali retribuiti per le persone che assistono i propri familiari malati. Una circostanza ormai notoria. Anche se vi sono delle particolari condizioni che concedono il diritto. Quasi nessuno lo sa.
Legge 104: permessi consentiti anche in questi casi
Non tutti sanno che anche chi è in cassa integrazione e sta assistendo un familiare gravemente malato e non autosufficiente, può avere ancora diritto ai congedi straordinari e alle relative indennità. Ma con alcuni distinguo. Com’è noto, la cassa integrazione guadagni (CIG) è un sussidio economico erogato dall’INPS a favore dei lavoratori quando l’azienda è costretta temporaneamente a sospendere l’attività o ridurre l’orario di lavoro. Le motivazioni possono includere difficoltà di mercato, eventi imprevedibili o riorganizzazioni aziendali.
Il congedo straordinario è un periodo di assenza retribuita concesso ai lavoratori dipendenti che assistono familiari con disabilità grave accertata. Nato inizialmente come misura a tutela della maternità in caso di figli con gravi handicap, il congedo si è ampliato nel tempo, includendo anche l’assistenza a genitori, coniugi e fratelli disabili. La normativa di riferimento è il D. Lgs. n. 151/2001, che disciplina la tutela della maternità e della paternità.
La legge stabilisce un ordine gerarchico preciso tra i potenziali beneficiari del congedo, che non può essere modificato in base alle preferenze del disabile. Inoltre, il congedo straordinario ha una durata massima di due anni complessivi per ogni disabile nel corso della vita lavorativa, condivisa tra tutti i familiari aventi diritto.
Secondo il Ministero del Lavoro, nel caso di cassa integrazione a zero ore (cioè con sospensione totale del lavoro), non è più possibile avanzare la richiesta di congedo straordinario. Questo perché la sospensione totale del rapporto di lavoro consente già al lavoratore di dedicarsi all’assistenza del familiare, rendendo il congedo superfluo. La stessa regola si applica per chi riceve la NASpI, l’indennità di disoccupazione. La situazione è diversa quando il lavoratore è in cassa integrazione ad orario ridotto. In questo caso, è possibile cumulare l’indennità di integrazione salariale con quella prevista per il congedo straordinario.