Rivoluzione quantistica in atto: Willow, il nuovo chip quantistico di Google ridefinisce i limiti del calcolo. Ecco tutti i dettagli.
Negli ultimi anni, l’ambiziosa corsa ai computer quantistici ha raggiunto risultati che fino a qualche tempo fa sembravano pura fantascienza. Questi dispositivi, basati sui bizzarri principi della meccanica quantistica, hanno il potenziale per affrontare problemi che i computer tradizionali non riuscirebbero a risolvere nemmeno con milioni di anni a disposizione.
A differenza dei classici bit, che possono assumere solo valori di 0 o 1, i qubit sfruttano un principio noto come sovrapposizione per rappresentare più stati contemporaneamente. Sì, è un concetto che può far girare la testa, ma è proprio questa la chiave della potenza quantistica.
Aziende come IBM, Google e Rigetti Computing si sono sfidate in questo campo pionieristico, con risultati che hanno fatto il giro del mondo. Nel 2019, Google ha dichiarato di aver raggiunto la cosiddetta supremazia quantistica grazie al processore Sycamore. Questo chip è riuscito a completare in pochi minuti un calcolo che avrebbe richiesto migliaia di anni al più potente supercomputer convenzionale. Un risultato che ha fatto scalpore e ha aperto nuove strade alla ricerca.
Nonostante questi traguardi, il cammino verso l’adozione su larga scala dei computer quantistici è disseminato di ostacoli. Uno dei più grandi problemi? Gli errori. I qubit sono incredibilmente sensibili: bastano minime vibrazioni, variazioni di temperatura o interferenze magnetiche per mandare tutto all’aria. Più qubit si aggiungono al sistema, più aumentano le probabilità di errore. Correggere questi errori senza rallentare il sistema è una delle sfide più ardue che i ricercatori hanno affrontato finora.
Ed ecco che entra in scena Willow, l’ultimo gioiello del progetto Google Quantum AI. Dopo anni di studi e tentativi, questo chip è riuscito a fare qualcosa di straordinario: ridurre gli errori anche quando si aggiungono nuovi qubit. Sembra un dettaglio tecnico, ma in realtà è una rivoluzione. Nel 1995, il matematico Peter Shor aveva ipotizzato che si potessero correggere gli errori nei sistemi quantistici. Ora, dopo quasi trent’anni, quella teoria è diventata realtà grazie a Willow.
Il risultato ottenuto da Willow è quasi difficile da concepire: ha risolto in soli cinque minuti un problema che avrebbe richiesto circa 10 settilioni di anni a un computer tradizionale. Sì, 10 con 24 zeri. È come se un maratoneta completasse una corsa lunga quanto l’intera Via Lattea in pochi passi. Inoltre, questo chip funziona in modo tale che, invece di peggiorare con l’aumentare dei qubit, il sistema diventa più preciso e affidabile. È come se aggiungere pezzi a un orologio lo rendesse più preciso anziché più complicato.
E cosa significa tutto questo per noi? Beh, le applicazioni sono praticamente infinite. Con la potenza dei chip come Willow, si potranno fare passi avanti incredibili nella crittografia, creando sistemi di sicurezza praticamente inviolabili. Oppure si potrebbero simulare reazioni molecolari per sviluppare nuovi farmaci, migliorare i processi industriali o ottimizzare reti logistiche su scala globale.
È un po’ come avere una chiave per risolvere problemi che finora erano chiusi a doppia mandata. Insomma, Willow non è solo un traguardo tecnologico: è un primo passo verso un mondo in cui l’impossibile diventa, finalmente, possibile.
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