Economia e Lavoro

Russia al collasso, la guerra la perde con l’economia: è la fine?

La svalutazione del rublo sta trascinando la Russia nel baratro. La situazione che Putin si trova a fronteggiare è gravissima

Il rublo è la valuta ufficiale della Federazione Russa, unilateralmente adottata dalle repubbliche russe autoproclamate, ossia Abcasia, Ossezia del Sud ed i territori di Donetsk e Luhanks, contesi con l’Ucraina.

La moneta è stata introdotta per la prima volta ai tempi dell’Impero Russo, grazie alla riforma valutaria avvenuta nel corso del regno dello Zar Pietro il Grande. Il suo utilizzo è perdurato anche dopo la caduta dell’Impero in favore della costituzione dell’Unione Sovietica.

Il rublo russo è entrato in circolazione proprio dopo la caduta dell’Unione delle Repubbliche, a partire dal 1992. Il tasso di cambio odierno è 1 EUR=103 RUB. L’emissione di monete e banconote è regolata dalla Banca Centrale della Federazione Russa, che ha sede a Mosca, capitale della federazione.

L’Unione Europea e gli Stati Uniti d’America hanno imposto delle sanzioni a danno della Russia, a seguito dell’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio 2022, producendo una svalutazione del rublo senza precedenti.

Gli effetti deterioranti delle sanzioni

L’UE ha adottato misure restrittive nei confronti della Russia già a partire dal 2014, anno dell’annessione della Crimea, precedentemente parte del territorio ucraino. Lo scopo principale delle sanzioni è indebolire la base economica della federazione, limitando anche la possibilità di efficiente rifornimento in ambito bellico. Le misure adottate in campo economico sono, attualmente, in vigore almeno fino al 31 luglio 2025; si è, inoltre, assistito ad un progressivo intensificarsi delle stesse, proprio a seguito dell’invasione della Repubblica d’Ucraina. Le sanzioni sono volte ad intaccare anche il settore finanziario, commerciale, energetico, tecnologico e della difesa russa, andando, indirettamente, a gravare sui servizi che lo Stato fornisce ai suoi cittadini.

In particolare, per quanto concerne l’ambito economico-finanziario, le sanzioni impediscono l’accesso per 10 banche russe alla cooperativa SWIFT e comportano restrizioni all’accesso della Federazione Russa ai mercati finanziari internazionali. La pena impone il divieto di utilizzo del SPFS (Sistema di trasmissione dei messaggi finanziari), di fornitura delle banconote in Euro alla Russia, di investire in progetti cofinanziati dal Fondo Russo e qualsivoglia tipo di operazione che preveda un contatto con la Banca Centrale o con la Banca di Sviluppo Regionale russa.

Banconote e monete di rubli (Pexels foto) – www.sardegnaoggi.it

Il piano della Russia per superare la crisi

La Federazione Russa si sta trovando ad affrontare una pesante crisi valutaria. Basta andare ad analizzare come si è modificato il tasso di cambio del rublo nel corso di questi oltre due anni di sfiancante operazione militare in Ucraina per comprendere quanto la Russia sia intrappolata in una situazione di una gravità mai vista sino ad ora. Se il tasso di cambio si trovava tra i 70 ed 80 rubli per dollaro statunitense prima del conflitto, il crollo ha correntemente superato il tasso di 100 rubli per dollaro. La Banca Centrale è stata costretta ad aumentare il tasso di interesse al 21%, il più alto degli ultimi vent’anni, in risposta agli effetti conseguiti dalle pesante sanzioni. Certo, perché il motivo che si cela dietro a questa grave crisi sono proprio le sanzioni finanziare imposte dagli Stati Uniti, che non sono più unicamente rivolte a colpire lo Stato russo, ma anche tutti gli apparati statali, tra i quali banche come la Gazprombank, oltre che i paesi che collaborano con la Federazione.

La Russia, tuttavia, gode ancora di quello che potremmo definire un asso nella manica, in quanto settori come il nucleare o i gas non sono stati stravolti dall’applicazione delle sanzioni. La repubblica semipresidenziale possiede le più grandi riserve di gas naturale del mondo ed è l’ottavo paese del mondo per riserve di petrolio. Inoltre, il governo ha approvato un bilancio federale che comporterà un aumento nelle spese militari, con crescita auspicata nel settore della difesa pari al 25% nel corso del prossimo anno. C’è anche da dire che la crescita di investimenti del 10% nel corso dell’ultimo triennio ha portato l’economia della federazione ad un leggero risollevamento, fruttando una crescita del PIL pari al 3,6%, punti enormemente favorevoli alla Russia, sui quali si appoggerà inevitabilmente per cercare di superare la complessa crisi.

Flavio Forlini

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