Un progetto estremamente interessante ha permesso la coltivazione di cibo fresco nello spazio. Ma non è da escludere che l’esperimento possa ripetersi anche sulla Terra
Il progetto MICROx2 è stato lanciato dalla ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) al fine di effettuare una ricerca sulla possibilità di coltivazione di sistemi bio-rigenerativi anche nello spazio.
In particolare la linea di ricerca denominata ‘Food production‘ è stata introdotta allo scopo di coltivare organismi vegetali che possano permettere la produzione autonoma di cibo fresco a vantaggio dell’equipaggio.
Si tratta di una ricerca che pone le sue fondamenta nel mondo delle agro-bio tecnologie e che mediante un sistema di implementazione autonomo ha permesso l’effettiva produzione di coltivazioni nell’ambiente spaziale, garantendo un sostegno fondamentale nel miglioramento delle condizioni di vita dei navigatori, permettendo loro di contrastare i processi degenerativi a cui possono andare incontro nel corso delle missioni.
In tale modo sarà possibile garantire agli astronauti una dieta equilibrata anche a svariate centinaia di migliaia di chilometri dalla terra, contrapponendosi agli effetti suscitati dalle radiazioni cosmiche e dall’alterata gravità a cui sono soggetti.
Il ricercatore dell’ENEA Luca Nardi ha affermato che la ricerca in merito alla possibilità di coltivazione di cibo fresco nello spazio è determinante per migliorare la qualità di vita degli astronauti, così come per incrementare la sostenibilità delle missioni spaziali. Attraverso questo innovativo metodo, infatti, la costante richiesta di rifornimenti dalla terra può essere significativamente diminuita o, perché no, definitivamente interrotta e risulterà possibile anche garantire ai navigatori una maggior sicurezza alimentare.
Proprio in relazione al progetto MICROx2, fondamentale passo verso una nuova era di esplorazioni nello spazio, è stato ideato un container hi-tech. Si tratta di un elemento dotato di tecnologie avanzate che permettono di massimizzare lo sfruttamento di acqua, fertilizzanti ed energia, rendendolo in grado di svolgere il proprio compito anche nelle condizioni più estreme. Il container è dotato di sensori intelligenti capaci di controllare un impianto ad illuminazione LED e un sistema di irrigazione automatico, monitorando in tempo reale i parametri ambientali necessari alla florida crescita delle piante, nonché il loro effettivo stato di salute nel corso del processo.
Nonostante l’intento di questo progetto sia principalmente permettere la coltivazione di micro-ortaggi nell’ambiente spaziale, non è da escludere la possibilità di potenziali applicazioni, con discrete possibilità di riuscita, anche sulla Terra, specificamente negli ambienti più estremi. Grazie alle tecnologie implementate, che rendono eseguibile la coltura mediante l’irrigazione automatica o il costante monitoraggio sarebbe possibile ripetere l’esperimento, per esempio, in luoghi profondamente isolati, come le basi che hanno sede in Antartide, o nelle regioni desertiche, dove a causa dei terreni e del clima la coltivazione di cibi freschi appare impossibile.
Il progetto MICROx2 ha già segnato un punto di svolta determinante nella creazione di sistemi bio-rigenerativi autosufficienti, ma la ricerca e la sperimentazione non è di certo terminata. Se si rivelasse possibile un’applicazione dei nuovi sistemi anche nei territori più rigidi del pianeta Terra si riuscirebbe a ridurre la necessità di risorse inviate dall’esterno, combattendo in maniera determinante la scarsità di disponibilità presenti in determinate aree del nostro pianeta. La sicurezza alimentare e l’ambiente risentirebbero positivamente dell’esperimento, data l’emissione di carbonio minima derivante dalla produzione agricola verticale.
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