I dati Istat parlano chiaro: le donne tra i 15 e i 24 anni sono tra le più a rischio di molestie sul lavoro. Che ruolo ha la società?
Oltre due milioni di donne hanno subito molestie sul luogo di lavoro e a mettere in luce questo importante e grave numero è stata Istat. Purtroppo solo il 2,3% delle vittime denuncia gli episodi, temendo di perdere il posto di lavoro o di non venire tutelata.
Il fatto che le molestie vengano vissute quotidianamente da milioni di donne deve farci riflettere tanto quanto i motivi che spingono le vittime a non denunciare, perché entrambi questi problemi hanno un comune denominatore: la società in cui viviamo e i preconcetti su cui si basa. Ma andiamo per gradi e approfondiamo quanto emerso dal report Istat.
Innanzitutto bisogna ricordare cosa intendiamo per molestia: sguardi inappropriati, allusioni, offese, ma anche aggressioni fisiche più o meno velate. Le molestie comprendono anche contatti fugaci quando non si è visti da nessuno, pressioni psicologiche, stalking e tutta la concatenazione di comportamenti verbali o non verbali che possono indurre una persona a sentirsi in trappola e a disagio.
Ecco cosa riportano i numeri raccolti da Istat:
Questi numeri fanno riflettere su quanto il contesto lavorativo possa nascondere molestatori o molestatrici che spesso sfruttano la loro posizione di potere a scapito di colleghi o dipendenti. Il motivo principale delle molestie sessuali sul lavoro non sembra essere quello di riuscire nell’intento di violentare o aggredire sessualmente, bensì quello di sminuire e denigrare la donna in quanto tale.
Il fatto che ad oggi le donne abbiano più possibilità di chiedere aiuto, anche solo ad un consulente aziendale, è sicuramene un vantaggio, ma sembra non bastare considerato il basso numero di denunce.
Allora viene spontaneo chiedersi: perché così poche donne denunciano di aver ricevuto molestie sul lavoro?
I motivi che spingono molte donne a tacere di fronte a molestie anche gravi e quotidiane, si basano sul senso di vergogna e di impotenza che le vittime provano in merito alla situazione che stanno vivendo.
Da un lato pensano di non potersi opporre, soprattutto quando a perpetrare molestie o violenze psicologiche e fisiche è un superiore, temendo di perdere il proprio posto di lavoro. Dall’altro provano vergogna, arrivando a pensare di aver dato loro stesse un’idea sbagliata al carnefice, interiorizzando il pregiudizio negativo che regna sovrano ancora oggi nella nostra società.
Basti pensare a quante volte vi sarà capitato di sentire questa frase: “Chissà come ci è arrivata lì” riferito ad una donna che è riuscita a fare carriera.
Nel 2024 ancora esiste la credenza che una donna non abbia meriti per il suo successo e che se arriva a costruirsi una carriera è solo per aver fatto “favori sessuali” agli uomini giusti.
Proprio a causa di questo tipo di mentalità molte donne non solo non riescono a fare carriera (proprio perché questi ricatti sessuali esistono davvero), ma soprattuto temono di venire etichettate colpevoli qualora provassero a chiedere aiuto.
Le motivazioni più frequenti che portano le donne a non denunciare sono la sottostima della gravità dell’episodio, la mancanza di fiducia nelle forze dell’ordine e la sensazione di non poter agire.
Proprio perché non sempre chiedere aiuto è semplice, un buon modo per riuscire ad uscire da questo tunnel è parlarne con altre colleghe. Sapere di non essere sola, di avere qualcuno su cui fare affidamento e che potrebbe testimoniare quanto state vivendo è importante.
Cambiare lavoro è sicuramente meglio che continuare a subire molestie ma sarebbe totalmente ingiusto lasciare un posto di lavoro che meritate a causa di una persona che, sicuramente, continuerà a fare ciò che ha già fatto a voi a qualcun altro.
Denunciare è un modo per tutelare sé stesse e molte altre giovani donne che in futuro potrebbero trovarsi esattamente al vostro posto.
Difendersi dalle molestie sul lavoro in Italia è tutt’altro che semplice anche perché non esiste una legge che tuteli le vittime.
Il progetto di legge sulle “Norme penali e processuali contro le molestie sessuali”, presentato in Parlamento nel 1996, giace ancora dimenticato. Si tratta di un vuoto normativo che fa la differenza, soprattutto a livello psicologico nelle vittime che non si sentono nella condizione di poter fare affidamento sull’autorità o essere tutelate a livello di legge.
La situazione in Italia non è delle migliori quando si tratta di molestie sul lavoro. L’unico modo per contrastare questo fenomeno è fare sentire le donne ascoltate e dare loro ogni tipo di strumento per poter chiedere aiuto: da uno sportello di ascolto aziendale, a una linea dedicata.
Ma soprattuto, grattare via i pregiudizi sbagliati e nocivi che con troppa leggerezza vengono appiccicati addosso a chi non lo merita. Uomo o donna che sia.
Chiudiamo con uno spunto di riflessione preso da un discorso di Debora Moretti, presidente di Fondazione Libellula:
“Prima di interrogarci se le molestie siano tante o poche, prima di buttarci in frettolose considerazioni sul perché le vittime non denunciano, dobbiamo chiederci: cosa stiamo facendo per creare un clima di fiducia e ascolto libero da pregiudizi?”
Forse questa domanda dovremmo farcela tutti.
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