Il lavoro dei consiglieri diplomatici, ovvero gli “sherpa” è riservato e poco visibile, ma decisivo affinché anche questa riunione dei leader mondiali vada a buon fine
I cosiddetti sherpa sono fondamentali nell’organizzazione del G7, la riunione delle sette democrazie più influenti del mondo. L’origine del termine per questi consiglieri diplomatici e quando sia diventato d’uso comune non è chiaro, ma tutti concordano sul fatto che il paragone con le guide himalayane sia appropriato.
Jacques Audibert, consigliere diplomatico del presidente francese François Hollande dal 2014 al 2017, diceva: “Apriamo la strada, la teniamo al sicuro, evitiamo incidenti, indichiamo i possibili inciampi e quasi sempre facciamo in modo che si raggiunga la vetta”.
Questo ruolo è stato descritto in modo simile anche da Jörg Kukies, sherpa del cancelliere tedesco Olaf Scholz e suo storico collaboratore. In sostanza, se ogni anno i leader di Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia, Germania, Italia e Giappone raggiungono conclusioni condivise sulle principali questioni globali, è grazie al lavoro solerte e riservato di questi funzionari.
Chi sono i consiglieri diplomatici “sherpa” e perché sono così importanti
I capi di Stato e di governo nominano gli sherpa: in Francia e Italia, per tradizione, si scelgono diplomatici di alto rango: ad esempio, lo sherpa di Emmanuel Macron è l’ambasciatore Emmanuel Bonne, anche consigliere diplomatico del presidente.
Nei paesi anglosassoni, invece, spesso si preferiscono funzionari esperti di economia, riflettendo la funzione originaria del G7 come forum di coordinamento economico e finanziario delle principali democrazie occidentali, nato negli anni Settanta. Lo sherpa di Joe Biden è Mike Pyle, ex dirigente di BlackRock e vice consigliere sulla sicurezza nazionale per le questioni economiche.
In Italia è il presidente del Consiglio che decide a chi affidare la responsabilità dell’organizzazione del lavoro diplomatico in vista del G7 e del G20, la riunione dei venti più importanti Paesi al Mondo.
Molto spesso la funzione viene assegnata al consigliere diplomatico, che è di solito un ambasciatore scelto dal capo del governo e che ne cura le relazioni internazionali, fornendo indicazioni e suggerimenti al riguardo. È stato così quasi sempre nel recente passato. Per Meloni, invece, la definizione degli incarichi nell’ufficio diplomatico di Palazzo Chigi è stata piuttosto tumultuosa, e alla fine ha scelto di affidare i compiti a due persone diverse.
All’inizio di dicembre scorso la premier Meloni aveva nominato come suo nuovo consigliere diplomatico Fabrizio Saggio, sostituendo così Francesco Maria Talò, che era stato costretto a dimettersi dopo lo scherzo telefonico subìto da Meloni, organizzato da due comici russi.
Luca Ferrari era invece rimasto in carica come sherpa per il G7 e il G20 fino al marzo scorso, quando, con una decisione sorprendente che generò parecchie perplessità anche tra i collaboratori del ministro degli Esteri Antonio Tajani, Ferrari venne rimpiazzato da Elisabetta Belloni.
Fu una scelta inconsueta da un lato perché Belloni, ambasciatrice di lunghissima esperienza che gode di apprezzamenti trasversali, è anche il capo dei nostri Servizi segreti e ha deciso di mantenere quell’incarico; dall’altro perché la sostituzione è avvenuta nel corso dell’anno in cui l’Italia detiene la presidenza di turno del G7, in un momento in cui Ferrari aveva già avviato il lavoro preparatorio.
L’attività degli sherpa inizia molto prima dell’incontro dei leader. Entro la prima metà di gennaio, lo sherpa del paese che presiede il G7 condivide con i suoi omologhi un calendario di lavoro. Questo include almeno una riunione iniziale in presenza, seguita da vari incontri, anche in videoconferenza.
Gli sherpa devono seguire anche i vertici ministeriali, ossia le riunioni dei ministri del G7 competenti sulle stesse materie durante l’anno. Nel 2024, sotto la presidenza italiana, ne sono stati programmati 21. Inoltre, gli sherpa accompagnano il presidente di turno nei viaggi ufficiali, incontrando gli altri leader del G7 per preparare le trattative e definire le priorità da discutere nei mesi successivi.
Gran parte dell’agenda del G7 è spesso già definita, poiché ogni presidenza di turno segue una certa continuità con quella precedente. Eventuali novità riguardano solitamente eventi eccezionali come guerre o crisi diplomatiche. Gli sherpa integrano quest’agenda con temi cari al proprio leader per motivi pratici, ideologici o di propaganda.
Meloni ha inserito tra i temi di discussione l’intelligenza artificiale, la questione africana e del Mediterraneo, e la sicurezza alimentare.
I negoziati tra gli sherpa sono lunghi e complessi. Anche se i sette paesi condividono una visione del mondo, spesso le opinioni divergono su singole questioni. Il lavoro diplomatico degli sherpa è cruciale per scrivere un documento che verrà approvato dai leader e costituirà le conclusioni del G7. Questo documento, un lungo manifesto delle priorità e dei valori occidentali, viene scritto partendo dalle conclusioni degli anni precedenti e integrando nuovi punti.
Il lavoro prevede l’uso di tutti gli strumenti diplomatici: convincere gli alleati, ammorbidire le resistenze, fare concessioni su alcuni punti e chiederne su altri.
I negoziati avvengono sia nelle riunioni ufficiali che attraverso conversazioni riservate, messaggi privati e telefonate. Alla fine degli anni Novanta, i consiglieri diplomatici provarono ad ammonticchiare tutti i fax e le lettere ricevute durante un anno di presidenza italiana del G7, formando una pila alta un metro e mezzo.
Le trattative sui punti più controversi possono protrarsi fino a ridosso dell’incontro dei leader, che è il momento decisivo. A differenza dei Consigli Europei, dove i punti controversi vengono spesso discussi dai leader stessi, al G7 gli sherpa cercano di risolvere il più possibile prima dell’incontro finale.
Gli sherpa sono assistiti dai loro collaboratori: i sous-sherpa e i consiglieri. La struttura è tripartita: c’è un sous-sherpa del ministero degli Esteri, uno per le questioni finanziarie scelto dal ministero dell’Economia, e vari consiglieri che lavorano più stabilmente con lo sherpa. Questi collaboratori svolgono un lavoro importante nei negoziati e spesso hanno una memoria storica preziosa per ricordare come sono state affrontate certe questioni in passato.
Durante il G7 di Borgo Egnazia, i diplomatici francesi, europei e canadesi hanno proposto di rafforzare la frase sull’accesso all’aborto sicuro e legale, inserita nel G7 di Hiroshima nel 2023.
L’Italia si oppone a questa proposta, preferendo una formulazione simile a quelle dei G7 del 2021 e 2022, dove l’aborto non era esplicitamente menzionato. I negoziati sono in corso, ma Emmanuel Macron ha espresso rammarico per la posizione italiana, mentre Meloni ha risposto che non c’è motivo di polemizzare su temi già concordati.
Durante l’incontro dei leader, gli sherpa partecipano direttamente alle discussioni, sedendo dietro i loro presidenti e intervenendo su richiesta. Possono anche organizzare incontri bilaterali tra i capi di Stato o di governo. Il loro compito non finisce con la riunione dei leader: continuano a incontrarsi per definire i dettagli dei documenti collegati alle conclusioni o per attuare le misure decise.