El Salvador: secondo il governo di Nayib Bukele i detenuti sono sospetti membri di bande criminali. Continua la controversa repressione
In questi giorni sta facendo discutere il trasferimento di circa 2mila detenuti in una nuova maxi prigione a El Salvador: si tratta del Centro de Confinamiento del Terrorismo (CECOT), inaugurato a inizio 2023 nell’ambito di una vasta campagna anticrimine voluta dal presidente salvadoregno Nayib Bukele che ha portato all’arresto di circa 64mila persone.
“Abbiamo trasferito più di 2.000 membri di bande dalle prigioni di Izalco, Ciudad Barrios e San Vicente al Cecot”, ha annunciato Bukele in un post su X.
Una vera e propria lotta alla criminalità organizzata e alle bande che controllano gran parte del paese che vede nella costruzione della prigione uno dei punti focali. Situata a circa 70 km a sud est della capitale San Salvador, la prigione comprende otto edifici, ognuno con 32 celle di circa 100 metri quadrati che possono ospitare oltre 100 detenuti. L’intera struttura può arrivare ad accogliere più di 40mila persone.
Per questo motivo sono numerosi i gruppi di attivisti che hanno fortemente criticato la scelta del presidente Bukele sostenendo che all’interno non ci siano garanzie per il rispetto dei diritti umani dei detenuti.
Tra i sette anelli di sicurezza della prigione c’è un muro di cemento alto 11 metri e lungo 2,1 chilometri, sormontato da recinzioni di filo elettrificato. All’interno del penitenziario, i cui costi di costruzione non sono stati rivelati dal governo, sono installati dispositivi per bloccare le comunicazioni con l’esterno.
I prigionieri, sorvegliati da 250 poliziotti e 600 militari, dormono in letti a castello fatti di lamiera, senza materassi o cuscini.
Il regime di emergenza, in base al quale, in due anni, sono state catturate decine di migliaia di presunti ‘pandilleros’, è stato decretato dal Congresso su richiesta di Bukele in risposta all’escalation di violenza che ha causato la morte di 87 persone tra il 25 e il 27 marzo 2022.
Un video postato da Bukele sulla rete X mostra i membri della banda vestiti solo con pantaloncini bianchi e a piedi nudi mentre vengono portati al Cecot sotto la ferrea sorveglianza della polizia e delle guardie della Direzione Generale dei Centri Penali.
Le celle hanno solo due lavandini e due bagni ciascuna. Ieri le immagini del trasferimento di 2mila persone hanno messo fortemente in allarme l’opinione pubblica internazionale: i detenuti, centinaia, sono costretti a correre, sotto minaccia di armi, a piedi nudi e incatenati verso i luoghi loro indicati prima di salire a bordo di camionette che li portano nella nuova prigione.
Il ministro della Giustizia e della sicurezza Gustavo Villatoro ha detto che il trasferimento dei detenuti nella nuova prigione serve a “eliminare questo cancro dalla società” e ha fatto capire di non essere intenzionato a far uscire chi vi viene rinchiuso. “Questa sarà la loro nuova casa, dove vivranno per decenni, tutti insieme, incapaci di arrecare ulteriore danno alla popolazione”, le parole del presidente.
“Lì pagheranno per i crimini commessi contro il nostro popolo; in isolamento dal mondo esterno, senza la possibilità di uscire o di ordinare crimini dalla prigione”, ha assicurato il presidente Bukele.
Il “metodo Bukele” è quello di perseguire la sicurezza e la riduzione dei tassi di violenza e omicidio con il pugno di ferro. Il prezzo è la cancellazione, di fatto, dei diritti e delle libertà costituzionali.
In due anni di ‘estado de excepción’, denunciano gli oppositori, sono state sospese le garanzie minime del giusto processo: presunzione di innocenza, diritto di difesa, limite di 72 ore di detenzione amministrativa, inviolabilità della corrispondenza, diritto di riunione e associazione.
A maggio, sei organizzazioni non governative hanno presentato un rapporto documentando sistematiche violazioni con 327 casi di sparizioni forzate, almeno 244 morti sotto la “custodia” dello Stato e oltre 78mila detenzioni arbitrarie, soprattutto tra i giovani delle comunità più povere accusati di essere affiliati alle ‘pandillas’. E un tatuaggio può bastare per essere arrestati e finire a Tecoluca.
Secondo la politica presidenziale lo scopo degli arresti di massa è quello di far “scomparire del tutto” bande come MS-13 e Barrio-18 responsabili di omicidi, estorsioni e traffico di droga, ma stando ad alcune organizzazioni per i diritti dell’uomo sarebbero numerose le persone innocenti arrestate, e alcune di quelle detenute hanno riferito di essere state sottoposte a “trattamenti crudeli, disumani o degradanti”.
El Salvador è considerato uno dei paesi più violenti del mondo proprio per l’attività delle bande, per cui l’anno scorso il governo era arrivato a dichiarare un contestato stato di emergenza.
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