Le due Regioni hanno deciso di seguire l’esempio della Puglia e impugnare davanti alla Corte Costituzionale la legge voluta dalla Lega
L’autonomia differenziata torna a far discutere: dopo la Puglia, anche la Sardegna e la Toscana hanno deciso di impugnare davanti alla Corte Costituzionale la legge voluta dalla Lega. Nel frattempo, la raccolta di firme per il referendum contro il provvedimento ha superato il mezzo milione di adesioni online (ben oltre il quorum, che era già stato raggiunto lo scorso 31 luglio).
Autonomia differenziata, perché la giunta Todde non è favorevole alla legge?
La giunta guidata da Alessandra Todde ha approvato in tarda mattinata la delibera con la quale la regione Sardegna impugna il ddl Calderoli davanti alla Corte Costituzionale. Per l’esecutivo sardo, il contenuto della legge “appare lesivo per l’autonomia regionale sia nella sua interezza che anche per una serie di specifici motivi che riguardano, in particolare (ma non solo), singolarmente gli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10 e 11”, come li legge nelle oltre 55 pagine presentate davanti alla Consulta.
Scendendo più nel dettaglio sulle ragioni dell’impugnazione, la giunta Todde spiega che “la delega al Governo per la determinazione dei Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) è carente di principi e criteri direttivi. Viola le prerogative delle Regioni a statuto speciale, in particolare della Sardegna, e non rispetta le procedure previste dallo Statuto speciale della Sardegna per il trasferimento di funzioni e risorse e rischia di accentuare i divari territoriali e violare i principi di solidarietà e uguaglianza”. Inoltre, la regione Sardegna ritiene che “questi vizi di costituzionalità ledano” le sue competenze e la sua autonomia.
Per Todde si tratta di una Legge ingiusta
Per Todde quel che veramente non funziona è le Regioni hanno potuto aggiornare la propria rete di infrastrutture nel corso degli ultimi decenni grazie ai soldi di tutti i cittadini italiani. “Sono diventate Regioni ricche e trainanti con l’aiuto di tutti, con i soldi dello Stato. Pensare adesso semplicemente di basarsi sulla spesa storica e quindi di consentire a queste Regioni che hanno avuto di più di spendere di più anche sulla base di quello che possono trattenere è una cosa ingiusta”, ha dichiarato la presidente della Regione Sardegna.
Todde ha poi osservato che i servizi essenziali non sono stati definiti e, dal suo punto di vista, già questo rappresenta un tradimento, perché “era fondamentale definire quelli che erano i livelli essenziali di assistenza, rispetto alla legge di autonomia differenziata”. Ha aggiunto che, invece, “si è voluto correre, si è voluto mettere le bandierine indipendentemente dal fatto di poterli definire correttamente, indipendentemente dal fatto di capire cos’è il fondo di perequazione, con quali soldi gli eventuali distanze vengono colmati”.
“Tutto questo non è stato definito, invece si è scelta una legge procedurale che semplicemente sancisce il fatto che le Regioni del nord saranno diverse dalle Regioni a statuto speciale e dalle Regioni del sud perché potranno procedere semplicemente per conto loro”, ha osservato la presidente. “Il Veneto si è portato avanti nella richiesta di materie, ma faccio un esempio pratico: pensate alla trattativa con l’Europa, che non è una competenza che comporta la definizione di Lea. Voi pensate veramente che una Regione che può avere forza come la Lombardia o il Veneto possano trattare in Europa in maniera più o meno forte rispetto alla Calabria o rispetto alla Sardegna? Ecco, questo sicuramente non aiuta la sussidiarietà del nostro Paese, quindi anche per questi motivi l’autonomia differenziata va combattuta”, ha concluso.
Autonomia differenziata, la scelta della Toscana
Oltre alla Sardegna, anche la Toscana ha presentato ricorso contro il governo per la dichiarazioni di illegittimità costituzionale della legge. Il presidente della Regione, Eugenio Giani, ha definito il testo sbagliato e ha dichiarato che “amplifica le diversità, i divari che ci sono tra le Regioni”. Inoltre, “non aiuta l’individuazione delle specificità e delle vocazioni dei territori, ma cristallizzerà e amplificherà le diseguaglianze tra le Regioni, tra le aree più forti e quelle più deboli del Paese”. “E non è soltanto una minaccia concreta all’unità nazionale, ma un macigno sulla strada del regionalismo equo e solidale voluto dai padri costituenti, a partire da Piero Calamandrei” ha aggiunto.