Oggi è la giornata mondiale a sostegno delle vittime di tortura, ecco perché è importante ricordarla e celebrarla
L’ Articolo 5 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani cita:
“Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti.”
Questo perché la tortura va ad annientare l’essere umano, ne lede la dignità, ne azzera l’interiorità oltre a distruggere fisicamente la vittima. Quella indicata dall’Articolo 5 è una regola che rientra tra le norme della ius cogens, ovvero quelle regole supreme di diritto internazionale imprescindibili.
La Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti adottata dall’Assemblea Generale è entrata in vigore il 26 giugno 1987. Ecco perché la giornata mondiale a sostegno delle vittime di tortura cade ogni anno il 26 giugno, proprio per ricordare questo importante avvenimento.
Ma capiamo innanzitutto cos’è davvero la tortura, dove affonda le sue radici, chi per primo l’ha combattuta e qual è la situazione attuale del mondo.
Che cos’è la tortura?
L’ Articolo 1 della Convenzione sottolinea come non importano i motivi per cui viene messa in pratica la tortura o chi è colui che la perpetra, questa risulta sempre e comunque perseguibile, anche se a metterla in pratica è un ufficiale di polizia per ottenere una confessione, aspetto che in passato non esisteva e che ha portato a confessioni fallaci, fatte solo per poter smettere di provare dolore:
“Si indica come tortura qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o di intimorire o di far pressione su una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o sofferenze siano inflitte da un agente della funzione pubblica o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il suo consenso espresso o tacito”.
Torturare un essere umano vuol dire ledere ai diritti umani, vuol dire commettere un crimine contro l’umanità e non solo contro il singolo.
L’inutilità della tortura: da Vassalli a Beccaria
In passato si credeva che la tortura servisse per poter ottenere informazioni o cofessioni da un reo. Basti pensare alla Sacra Inquisizione e alla caccia alle streghe, ovvero ai tempi in cui donne innocenti ammettevano di essere le amanti del demonio pur di indurre gli inquisitori a porre fine a violenze e sevizi.
Se avete letto La Chimera di Sebastiano Vassalli sapete che tipo di sevizie e torture queste donne dovevano subire. Infatti narra la storia di Antonia, una donna innocente fatta prigioniera con l’accusa di stregoneria e seviziata a lungo prima di essere arsa viva per pura superstizione.
Ma il primo a sottolineare l’inutilità della tortura ai fini della giustizia è stato Cesare Beccaria che espose le proprie tesi contro la tortura nel 1764 con il suo trattato “Dei delitti e delle pene”.
Beccaria nel trattato sottolinea come lo Stato per punire un delitto ne compierebbe uno a sua volta ricorrendo alla tortura e sottolinea come non sia la punizione più severa il vero deterrente affinché i delitti smettano di essere compiuti.
Beccaria mette in luce come la tortura sia inutile proprio perché si ricorre a questa prima di dimostrare la colpevolezza dell’imputato, quindi non può nemmeno essere etichettata come punizione ed è inutile al fine del processo perché le persone deboli potrebbero essere inclini a confessare il falso pur di sfuggire alla sofferenza, proprio come accadeva all’epoca di Antonia, protagonista de La Chimera.
Ecco le parole di Beccaria con cui espone il concetto di “innocente fino a prova contraria”:
“Un uomo non può chiamarsi reo prima della sentenza del giudice, né la società può togliergli la pubblica protezione, se non quando sia deciso ch’egli abbia violati i patti coi quali gli fu accordata. Quale è dunque quel diritto, se non quello della forza, che dia la podestà ad un giudice di dare una pena ad un cittadino, mentre si dubita se sia reo o innocente? Non è nuovo questo dilemma: o il delitto è certo o incerto; se certo, non gli conviene altra pena che quella stabilita dalle leggi, ed inutili sono i tormenti, perché inutile è la confessione del reo”
In poche parole, Beccaria prima ancora delle Nazioni Unite ha aperto gli occhi rispetto a questa brutale, inutile e feroce usanza che ha poco a che vedere con leggi e giustizia e molto con superstizione, pregiudizio e abuso di potere.
Oggi la tortura esiste ancora?
Secondo uno studio pubblicato dall’American Journal of Political Science, i Paesi che criminalizzano la tortura registrano una riduzione delle pratiche di tortura commesse dalla polizia. Dal 1984, ovvero dall’Adozione della Convenzione delle Nazioni Unite, la criminalizzazione della tortura si è diffusa nel mondo.
Secondo un rapporto della Special Rapporteur sulla tortura che risale a marzo 2023, almeno 108 Stati ad oggi etichettano al tortura come un reato esplicito, tuttavia le norme variano da Paese a Paese. Ad esempio, in Guinea Bissau, Lesotho e Uruguay la tortura è considerata un reato solo se commessa nell’ambito di un crimine contro l’umanità o di un crimine di guerra. Insomma, in alcuni Paesi alcune tipologie di tortura sono ancora previste e non perseguite, o quantomeno esiste una scappatoia legale.
Gli Stati Uniti criminalizzano la tortura praticata da pubblici ufficiali solo quando commessa al di fuori dal territorio nazionale: non c’è alcuna legge federale che preveda il reato di tortura negli USA.
Per quanto riguarda l’Europa, sono 10 gli Stati Membri che non hanno introdotto il reato di tortura autonomo: Bulgaria, Danimarca, Germania, Islanda, Monaco, Polonia, San Marino, Svezia, Svizzera e Ungheria.
In conclusione, possiamo dire che la tortura non sia stata del tutto estirpata nel mondo moderno, e la giornata di oggi dovrebbe servire a riflettere proprio su questo aspetto, ovvero a cosa manca a livello internazionale, cosa si può fare per perseguire in modo più efficace questa barbara pratica che purtroppo trova terreno fertile in territorio di guerra, nelle carceri e distrugge per centinaia di vittime.
Chi subisce torture, pur sopravvivendo, si trova a pagare le conseguenze di quanto subito per anni, senza mai superare del tutto il trauma fisico e psicologico.
“La tortura è il mezzo più vile per asservire l’uomo; chi la pratica non può che disprezzare l’umanità.”
– Albert Camus