Garrone e il senso di colpa che gli ha impedito di girare “Io Capitano” per otto anni

Matteo Garrone ha raccontato: “Ci ho messo otto anni prima di fare Io Capitano, nell’affrontare una tematica così. In realtà mi sentivo in colpa nel mostrare questa storia dal mio punto di vista”

Matteo Garrone, regista di Io Capitano che ha trionfato ai Nastri d’Argento conquistando ben sette premi, ha raccontato durante un’intervista all’ANSA di averci “messo otto anni per realizzare il film”. “Mi sentivo in colpa“, ha detto. Il lungometraggio ha portato a casa i premi per miglior film, miglior regia, miglior produzione (Archimede con Rai Cinema e molti partner internazionali), miglior fotografia di Paolo Carnera, miglior montaggio di Marco Spoletini, miglior sonoro in presa diretta di Maricetta Lombardo e miglior casting director Francesco Vedovati.

Il racconto del regista

Matteo Garrone ha raccontato: “Ci ho messo otto anni prima di fare Io Capitano, nell’affrontare una tematica così. In realtà mi sentivo in colpa nel mostrare questa storia dal mio punto di vista di borghese occidentale bianco, avevo paura di poter cadere nella speculazione del povero migrante, speculare su chi affronta questo viaggio e muore. Ho sempre pensato fosse più giusto lo facesse un regista africano, poi gli anni sono passati e mi sono detto l’importante è fare il film, lo faremo insieme“.

Matteo Garrone
Matteo Garrone | ANSA/RICCARDO ANTIMIANI – Sardegnaoggi.it

Ringrazio tutti i giornalisti che mi hanno votato. I premi aiutano a dare visibilità. Siamo tutti molto orgogliosi del percorso che ha fatto questo film, di essere arrivato all’Oscar, ai Golden Globe e di avere avuto anche un grosso riscontro di pubblico nonostante sia uscito in lingua originale, è infatti arrivato a 5 milioni di euro. L’obiettivo era umanizzare i numeri che siamo abituati a sentire in tv. Sapevamo bene che la politica non sarebbe cambiata, ma potevamo sorprendere lo spettatore raccontandogli una parte di viaggio che non conosceva“, ha continuato il regista.

Al giornalista che gli chiede: “Quanto pesa la politica nella scelta dei suoi film?“, risponde: “In questo caso c’è un tema così delicato, drammatico che implica inevitabilmente un piano di lettura politico. Ma in genere quello che mi spinge a fare un film è mettere al centro l’uomo e i suoi conflitti. Io Capitano forse è il mio film più popolare, ovvero il viaggio di un eroe che, a differenza di altri miei lavori, è senza ombre. Un eroe che combatte per il diritto a viaggiare, una cosa che dovrebbero poter fare tutti e per il diritto alla vita contro il sistema di morte. E questo di fronte a un’Europa che diventa sempre più una fortezza”.

“La realtà che ho raccontato è sicuramente addolcita rispetto a quella vera. Alcuni racconti che mi hanno fatto era quasi impossibile mettere in scena, erano di una crudeltà insostenibile e rischiavano così di sembrare inverosimili. Quello che mi è rimasto dentro è sicuramente la grande capacità umana e il coraggio di queste persone che combattono per dei diritti che dovrebbero essere scontati e sempre con una grande carica vitale. È stato un viaggio che mi ha segnato più di altri anche perché sono entrato in una cultura che non era la mia, in una lingua che non era la mia“.

I Giornalisti Cinematografici hanno omaggiato anche i due protagonisti del film Seydou Sarr e Moustapha Fall.