Le due ragazze avevano riferito il contesto in cui gli abusisi sarebbero verificati, la loro durata e i responsabili dei comportamenti, con particolare riferimento al sistema di rigide regole legate all’attività sportiva agonistica.Â
A cascata sono arrivate altre interviste rilasciate da ex atlete di ginnastica artistica appartenenti ad altre squadre e vissute in contesti e situazioni differenti, in cui si denunciavano altri presunti abusi o, comunque, comportamenti ritenuti scorretti e sopra le righe: offese per il peso, allenamenti anche da infortunate.
Alcune ragazze raccontavano di disturbi dell’alimentazione e tentativi di suicidio. Insomma, un quadro d’insieme non certo edificante, che cozzerebbe contro un ideale sportivo fatto di bellezza, spettacolo e sano agonismo.
Si tratta di una vicenda complessa che ha travolto non solo l’Accademia di Desio, considerata un’eccellenza internazionale, ma ha anche innescato un ampio dibattito sullo sport agonistico. Dopo il commissariamento dell’Accademia, il 12 gennaio è stato deciso di ridimensionare il ruolo di Emanuela Maccarani, storica allenatrice della Nazionale di Ginnastica Ritmica, criticata dalle ex atlete per il suo metodo.
Il ruolo di direttore tecnico è stato temporaneamente affidato a Gherardo Tecchi, presidente del Consiglio Direttivo Federale. Vale la pena ricordare che Maccarani è l’allenatrice più titolata nella storia della ginnastica ritmica italiana, con 8 ori mondiali, un argento olimpico ad Atene 2004 e due bronzi olimpici a Londra 2012 e Tokyo 2020.
Nel frattempo, gli allenamenti continuano, anche se in un clima di tensione. Le atlete sono state invitate a evitare di esporsi sui social e a non rilasciare dichiarazioni alla stampa. Potremmo dire che lo spettacolo deve continuare, ma con alcune correzioni necessarie.
Tuttavia, la realtà resta la stessa: l’agonismo è duro, con lunghe ore di allenamento per fisici giovanissimi. E lo stress, inevitabilmente, aumenta alla vigilia delle principali competizioni. L’agonismo, in definitiva, non è per tutti. È la dura legge dello sport.
Oltre alle sfide tipiche dello sport agonistico, discipline come la ginnastica artistica e il nuoto, che coinvolgono giovanissime atlete, si intrecciano con le difficoltà legate alla loro età : bilanciare allenamenti e studio, affrontare incertezze emotive e coltivare relazioni sociali.
La dottoressa Bounous sottolinea come il mondo delle ginnaste ritmiche sia piuttosto chiuso. Tra le ragazze si creano legami forti, quasi familiari. Questo senso di appartenenza può essere un vantaggio, ma potrebbe anche limitare il loro sviluppo a lungo termine.
E la famiglia? I genitori, che dovrebbero sostenere e guidare i figli, sembrano spesso esclusi dal loro ruolo educativo. Le atlete, ancora giovanissime, sono catapultate in un ambiente che richiede prestazioni elevate, alti livelli di competizione e obiettivi estremamente ambiziosi. Le farfalle sono spinte a volare precocemente, ma il rischio che le loro ali si spezzino è significativo.
Lo sport a livello agonistico non riguarda solo l’aspetto tecnico, ma coinvolge una serie di dinamiche complesse: si crea un ambiente, si alimentano aspettative e si generano dinamiche che continuano anche dopo la fine della carriera sportiva. L’età gioca un ruolo cruciale, a volte decisivo. Mentre in sport come il ciclismo l’attività inizia in modo graduale, partendo dal gioco, in altre discipline l’agonismo si impone già in età molto giovane.
Se ai giovani ciclisti si consiglia una progressione graduale per non esaurire il fisico in pochi anni, alle Farfalle si chiede di volare fin da subito.
Leggendo alcune testimonianze di ex atlete, emerge un paradosso: le bambine sembrano avere un vantaggio, poiché iniziano e proseguono con un approccio ludico. L’impegno agonistico è ancora limitato. L’adolescenza, invece, è la fase più critica: gli allenamenti intensificano, gli amici si fanno sentire, ma spesso bisogna allontanarli o limitarne la presenza.
Chi ha praticato anche solo un po’ di sport agonistico lo sa bene. Con il passare del tempo, il sacrificio diventa più evidente, la fatica si amplifica, e ci si chiede se valga davvero la pena continuare. In genere, restano i più forti, i più talentuosi e competitivi; è una sorta di selezione naturale che porta avanti solo i migliori. Questo fenomeno si verifica anche in altre discipline, come l’atletica e il nuoto.
C’è però una riflessione finale, che non è meno importante: tanto impegno, tanta fatica e sacrificio, per cosa? Ne vale davvero la pena? C’è un senso in tutto questo? La passione e il piacere di perfezionare un gesto sono sufficienti a giustificare un impegno così intenso?