Olimpiadi e le “cattedrali nel deserto”, cosa sono?

Sono tante le “cattedrali nel deserto”, quei colossi di cemento costruiti appositamente per le Olimpiadi che spesso non vengono riutilizzati

Le Olimpiadi sono un evento sportivo straordinario per il quale le città ospitanti investono miliardi per creare uno spettacolo grandioso. Tuttavia, la realtà è che molte delle strutture, costruite con ingenti risorse e progettate appositamente per l’evento, finiscono spesso abbandonate e in rovina.

La prima edizione delle Olimpiadi moderne, ispirata ai giochi antichi di Olimpia, si tenne nel 1896 ad Atene, con la partecipazione di 241 atleti, la maggior parte dei quali non rappresentava delegazioni nazionali ma si era iscritta individualmente.

Da allora, le Olimpiadi hanno continuato quasi senza interruzioni. Con la crescente popolarità degli sport invernali come lo sci, nel 1924 si decise di includere queste discipline nel programma olimpico. Tuttavia, poiché i Giochi si svolgevano in estate, nacquero le Olimpiadi invernali, che raggruppano gli sport della neve e del ghiaccio e si tengono a due anni di distanza dalle Olimpiadi estive.

Olimpiadi e le strutture create ad hoc che sono rimaste inutilizzate

Nel corso dei decenni, i Giochi Olimpici, sia estivi che invernali, hanno raggiunto una fama straordinaria. Oltre a celebrare l’eccellenza sportiva e l’unità internazionale, le Olimpiadi offrono al Paese ospitante l’opportunità di mostrarsi al mondo nella sua forma migliore.

Le città che ospitano l’evento devono essere pronte ad accogliere un gran numero di visitatori e a costruire strutture adeguate, come stadi, tribune e aree dedicate a tutte le discipline, oltre a creare i Villaggi Olimpici per ospitare gli atleti.

Organizzare i Giochi Olimpici è un’impresa monumentale che richiede anni di pianificazione, gran parte dei quali dedicati alla costruzione di infrastrutture come stadi e sistemi di trasporto. Tuttavia, tutto questo ha un costo significativo: alle recenti Olimpiadi di Tokyo, il nuovo stadio da 68.000 posti per le cerimonie di apertura e chiusura è costato 157 miliardi di yen, circa 942 milioni di euro, e oltre 3 miliardi di spettatori si sono sintonizzati per seguire i giochi estivi.

Olimpiadi e le "cattedrali nel deserto", cosa sono?
Olimpiadi e le “cattedrali nel deserto”, cosa sono? – Julian Nyča/ Wikimedia Commons – Sardegnaoggi.it

 

In sostanza, le Olimpiadi rappresentano una vetrina per il Paese ospitante, potenziando in alcuni casi il turismo e avendo un impatto significativo sull’economia locale. Tuttavia, se da un lato l’obiettivo è creare un’immagine di bellezza e attrattiva, dall’altro i problemi iniziano quando i Giochi finiscono.

Spesso definiti “cattedrali nel deserto”, i giganteschi complessi in cemento costruiti appositamente per le Olimpiadi non solo mettono a dura prova le città dal punto di vista finanziario durante la loro realizzazione, ma in molti casi finiscono per essere inutilizzati una volta terminato l’evento. Un esempio emblematico sono i numerosi edifici olimpici abbandonati che si trovano in diverse parti del mondo.

A pochi chilometri da Atlanta, negli Stati Uniti, si trova l’Herndon Stadium, che fu scelto per ospitare le finali olimpiche di hockey su prato nel 1996. Lo stadio venne ristrutturato e ampliato per l’occasione, ma dopo le Olimpiadi fu quasi completamente abbandonato e oggi giace inutilizzato.

Anche attraversando l’oceano, la situazione non cambia: nei boschi sopra Sarajevo si trovano i resti della pista da bob e slittino, costruita appositamente per la XIV edizione dei Giochi Olimpici Invernali del 1984, ora lasciata a se stessa.

Solo otto anni dopo scoppiò la guerra in Bosnia, e durante i quasi quattro anni di assedio, le strutture olimpiche divennero parte integrante del conflitto. La pista di bob, in particolare, fu utilizzata come roccaforte dall’artiglieria.

Ancora oggi, si possono vedere i buchi difensivi fatti dalle truppe nei muri di cemento della pista, nascosti sotto i graffiti. Dal 2014, sono stati avviati lavori di ristrutturazione per recuperare questa struttura storica, ma il processo è ancora in corso.

Nonostante il suo stato di degrado, la pista è diventata una meta turistica per appassionati di storia e per chi desidera vedere da vicino un simbolo della guerra.

La situazione è diversa per il complesso in cemento costruito ad Atene per le Olimpiadi del 2004: inizialmente l’annuncio e la costruzione degli impianti per i Giochi Olimpici avevano stimolato l’economia greca, con un incremento annuo del PIL di circa l’1,3% e una riduzione della disoccupazione dell’1,9% tra il 1997 e il 2005.

Tuttavia, i costi elevati e la cattiva gestione successiva all’evento hanno gravemente danneggiato lo Stato. Preparare Atene per ospitare le Olimpiadi costò circa 7 miliardi di euro, e oggi molte delle strutture, come la piscina per i tuffi, gli stadi di baseball e taekwondo, il centro acquatico, gli impianti di beach volley, e persino il parco e il villaggio olimpico, sono simboli di abbandono, vandalismo e degrado urbano.

La mancanza di manutenzione ha portato all’accumulo di rifiuti e detriti, aumentando l’inquinamento e i rischi per la sicurezza a causa dell’instabilità delle strutture. Le Olimpiadi, quindi, hanno ulteriormente peggiorato la già precaria situazione economica della Grecia, esacerbando gli effetti della crisi finanziaria del 2007-2012.

Nelle Alpi, a Pragelato, non lontano da Torino, si trova uno dei simboli più noti del deterioramento lasciato dalle Olimpiadi invernali del 2006: il trampolino per il salto con gli sci.

Il complesso di Torino doveva diventare un polo sportivo d’eccellenza, in grado di attrarre atleti professionisti in cerca di strutture per l’allenamento. Composto da due grandi trampolini per le competizioni olimpiche e tre più piccoli per gli allenamenti, oggi è considerato un eco-mostro che deturpa il paesaggio delle montagne della Val Chisone. La sua costruzione richiese pesanti scavi e disboscamenti.

Situazione simile riguarda l’impianto di Ski Jump a Cortina d’Ampezzo, ristrutturato per i VII Giochi Olimpici del 1956, ma abbandonato da oltre 34 anni.

L’unica giustificazione per la costruzione di queste grandi infrastrutture sarebbe stata utilizzarle come punto di forza per una futura candidatura olimpica, magari insieme ad altre località italiane, come per i Giochi Invernali 2026 di Cortina d’Ampezzo e Milano.

Tuttavia, gli impianti sono stati lasciati in stato di abbandono per così tanto tempo che ora sono completamente inutilizzabili e necessitano di essere ricostruiti da zero, causando ulteriori danni ambientali.

Un esempio emblematico è il taglio di circa 500 larici secolari per la costruzione di una nuova pista da bob, una perdita che non solo danneggia gravemente l’ecosistema, ma aumenta anche i rischi di valanghe e degrado ambientale.

Questi esempi di “cattedrali nel deserto” illustrano chiaramente come le Olimpiadi possano lasciare dietro di sé non solo medaglie, ma anche monumenti di abbandono e cattiva gestione. Le strutture, una volta simboli di eccellenza e orgoglio nazionale, finiscono per trasformarsi rapidamente in ecomostri che deturpano il paesaggio e rappresentano un enorme spreco di risorse.

Le Olimpiadi di Parigi 2024 sembrano invece offrire un modello virtuoso in questo senso: il 95% delle strutture destinate alle competizioni olimpiche esisteva già o è “temporaneo,” ossia assemblato appositamente per il periodo dei Giochi e destinato a essere smontato subito dopo.

Questi impianti sono stati realizzati seguendo principi di eco-design, utilizzando materiali riutilizzati o a basse emissioni di carbonio, come il legno. Un esempio è il Grand Palais, un immenso padiglione in vetro e acciaio costruito per l’Esposizione Universale del 1900, che è stato allestito per ospitare le gare di scherma e taekwondo, aggiungendo un ulteriore tocco di emozione alle competizioni. Sebbene l’impatto ambientale non sia nullo, è comunque un grande passo avanti, riducendo il rischio di creare nuovi ecomostri.

Mentre ammiriamo le imprese sportive, è fondamentale riflettere anche sulle conseguenze a lungo termine delle scelte infrastrutturali. Le Olimpiadi devono essere progettate fin dall’inizio pensando al riutilizzo delle strutture, in modo da garantire che continuino a essere una celebrazione dello sport senza lasciare dietro di sé segni di abbandono e degrado.

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