J.K Rowling, l’autrice di Harry Potter si scaglia contro l’atleta transgender Valentina Petrillo

La miliardaria britannica ha definito la specialista dei 400 metri il nuovo punto di riferimento della “comunità degli imbroglioni”

Prosegue la crociata di J.K. Rowling, autrice britannica nota soprattutto per la saga di Harry Potter, contro la partecipazione delle persone transgender alle competizioni sportive. Dopo aver dedicato svariati tweet a Imane Khelif (che è finita nel suo mirino pur essendo donna dalla nascita), ora la scrittrice ha dedicato un post all’atleta paralimpica Valentina Petrillo, che lunedì 2 settembre si è qualificata per le finali nei 400 metri nella categoria T12, dedicata alle persone con disabilità visive. La 51enne, infatti, è ipovedente a causa della malattia di Stargardt, una rara forma di degenerazione maculare ereditaria che le è stata diagnosticata quando aveva 14 anni. La disabilità non le ha impedito di togliersi varie soddisfazioni sportive, che però secondo alcune persone, tra cui la stessa Rowling, sarebbero state facilitate dal percorso di transizione di genere compiuto negli ultimi anni.

Rowling: “Petrillo è il nuovo punto di riferimento della comunità degli imbroglioni”

Nel suo ultimo tweet, infatti, l’autrice di Harry Potter si è congratulata sarcasticamente con Petrillo per essere diventata il nuovo punto di riferimento della “comunità degli imbroglioni”. “Gli imbroglioni conclamati come Petrillo dimostrano che l’epoca del cheat-shaming è finita. Che esempio da seguire! A questo punto tanto vale ridare a Lance Armstrong le sue medaglie e farla finita”.

Da questo post emerge che per Rowling un’atleta transgender che prende parte a una competizione femminile è equiparabile a un ex ciclista squalificato per doping.

È giusto che una donna transgender gareggi con atlete cisgender?

L’autrice ritiene che le donne transgender abbiano un vantaggio ingiusto nei confronti delle altre atlete cisgender. In alcune circostanze ciò può essere vero, tuttavia chi organizza competizioni prestigiose come le Olimpiadi e le Paralimpiadi fa sempre il possibile per assicurare che ogni competizione si svolga in modo equo. Il punto 4.5.3 del regolamento dell’Atletica paralimpica mondiale (WPA) prevede che un’atleta è idonea a gareggiare nelle competizioni femminili se è riconosciuta come donna dalla legge e può dimostrare che i suoi livelli di testosterone siano stati inferiori a 10 nanomoli per litro di sangue nei dodici mesi precedenti all’evento sportivo.

L'atleta transgender Valentina Petrillo all'aeroporto di Fiumicino
L’atleta transgender Valentina Petrillo all’aeroporto di Fiumicino | ANSA/ TELENEWS – Sardegnaoggi.it

Chiaramente questi parametri di selezione sono perfettibili e nei prossimi anni potrebbero subire delle modifiche, anche in seguito a eventuali progressi nelle ricerche condotte sui presunti vantaggi sportivi delle atlete transgender (al momento gli studi che hanno fatto luce sulla questione sono davvero pochi), ma per come stanno le cose ora, la partecipazione di Petrillo non infrange alcuna regola.

Petrillo non ha dominato la finale dei 400 metri

Inoltre, sebbene l’atleta transgender sia riuscita a qualificarsi alle finali dei 400 metri, non è stata lei a vincere l’oro e non è neppure salita sul podio. È arrivata sesta con un tempo di 58 secondi e 35 centesimi e davanti a lei si sono piazzate cinque donne cisgender. Insomma, i suoi presunti vantaggi biologici non sono stati sufficienti a permetterle di dominare la competizione e questo è un dato di fatto che smonta almeno in parte la narrazione portata avanti da J.K. Rowling e da altre persone contrarie alla partecipazione delle donne transgender ai giochi olimpici e paralimpici.

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